«Autoritratto nello studio o Allo specchio» (1927), di Italo Cremona (particolare)

Gam - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris

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«Autoritratto nello studio o Allo specchio» (1927), di Italo Cremona (particolare)

Gam - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris

Alla Gam la prima mostra museale di Italo Cremona

Nell’allestimento del museo torinese 120 opere della produzione figurativa del pittore-scrittore fantastico e surreale. Prossima tappa al Mart di Rovereto

In una camera incantata, una conchiglia dialoga con un guantone da scherma. La conversazione amorosa è immersa in una luminosità soffusa, fra le tonalità calde e le sfumature madreperlacee di una pittura soffice e porosa. Nella natura morta, datata 1930, Italo Cremona racconta la vita intensa e silenziosa degli oggetti, in un’atmosfera misteriosa, sospesa tra Metafisica e Realismo magico. Nell’autoritratto «Allo specchio», l’artista si raffigura riflesso in mezzo allo spazio laborioso del suo primo studio, tra un calco di gesso, i pastelli, i telai. 

Inizia così l’antologica di Italo Cremona alla Gam-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, che apre il 24 aprile (fino al 15 settembre) per poi passare dal 18 ottobre al 26 gennaio 2025 nelle sale del Mart di Rovereto, a cura di Giorgina Bertolino, Daniela Ferrari ed Elena Volpato. «Tutto il resto è profonda notte» è la prima mostra museale dedicata alla produzione figurativa di questo pittore-scrittore eccentrico, un intellettuale colto e irregolare del Novecento che l’antologica si propone di riscoprire, rileggendo nel presente l’originalità del suo irrequieto e ricco immaginario.

Lampi, barlumi, apparizioni nel buio. Il titolo della mostra è la chiave per immergersi nella dimensione visionaria della pittura di Cremona, all’incrocio fra l’onirico, il fantastico e l’umorismo nero. Il titolo è tratto da «Acetilene», la rubrica che negli anni Cinquanta l’artista firmava sulle pagine di «Paragone», la rivista di Roberto Longhi. Il notturno pervade gli enigmi di «Specchio del mattino», esposto alla Biennale di Venezia del 1936, «Metamorfosi» (1936-37), «Piccolo Golem» (1940), «Ascolto il tuo cuore città (Omaggio a Savinio)» (1954), «Aria di Torino» (1959). La veglia e il sogno fanno da cornice agli accadimenti del romanzo distopico La coda della cometa, (Vallecchi 1968; Allemandi 1983) e dei racconti di Zona Ombra (Einaudi 1977). 

«Dialogo tra una conchiglia e un guantone da scherma» (1930), di Italo Cremona. Vigevano, Musei Civici «Luigi Barni». Foto: Gonella

Il percorso espositivo è articolato in nove stanze, intitolate e dedicate ai temi della pittura di Italo Cremona: «Specchio (1925-1931)», «Trofei (1928-1932)», «Spoglie (1932-1934)», «Metamorfosi (1935-1945)», «Follie (1935-1956)», «Golem (1939-1946)», «Corpi (1935-1964)», «Quinte (1926-1970)», «Apparizioni (1958-1968)». La cronologia si snoda attraverso le diverse stagioni creative e, proprio come nei quadri di Cremona, torna su sé stessa e si riavvolge, procedendo per cicli, figure e oggetti ricorrenti, costanti espressive di natura iconografica e poetica. Una sala centrale del percorso, eletta a cabinet des folies, è dedicata alla prolungata frequentazione del fantastico, del grottesco e del surreale, con una selezione di dipinti dove la pennellata sembra farsi sempre più esatta e nitida quanto più si avventura nell’espressione del bizzarro. 

Nella sala delle quinte, la visione si sposta sulle architetture torinesi, un motivo pittorico peculiare, sviluppato dall’artista lungo i decenni: apparentemente deserte d’ogni presenza umana, le facciate sono i fondali di un segreto teatro cittadino. «Nei miei quadri, spiegava Cremona a Enzo Siciliano in un’intervista del 1973, c’è sempre qualcosa che tappa. Un tappo che chiude». Le sale della mostra torinese hanno i colori degli interni domestici, delle stanze di un appartamento di primo Novecento, intercalate dal marrone e dal viola. «Marrone e viola sono due diversi principi, scrive Elena Volpato nel suo testo in catalogo. L’uno è terra profonda, corpo e materia. L’altro è vibrazione psichica, tinta astratta e colore liturgico. (...) È una coppia di colori densi che Cremona usa a partire dagli anni Cinquanta, attivando il loro potere di saturazione fino a togliere l’aria dalla superficie delle tele, dallo spazio che le attornia, dalla mente di chi le guarda».

A partire dal nucleo di opere appartenenti alla collezione della Gam, accresciuto nel tempo grazie alle acquisizioni della Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris, la mostra include una serie di prestiti da musei, tra cui il Mart di Trento e Rovereto, partner del progetto, i Musei Civici Luigi Barni di Vigevano, la GAMeC di Bergamo, l’Accademia Albertina di Belle Arti e i Musei Reali-Galleria Sabauda di Torino. 

Grazie a una ricerca capillare, presenta numerose opere in prestito da istituzioni come il Museo Casa Mollino, l’Archivio Salvo, la Rai-Radiotelevisione Italiana e provenienti da collezioni e gallerie private, tra le quali la collezione Bottari Lattes e la Casa d’aste e Galleria Sant’Agostino di Torino. Basata sullo studio dei materiali documentari del Fondo Italo Cremona conservato all’Archivio di Stato di Torino, l’antologica è accompagnata dal catalogo Allemandi, l’editore che negli anni ha riproposto i titoli di Cremona Il tempo dell’Art Nouveau e La coda della cometa, pubblicando il suo catalogo generale nel 2010. Il volume contiene i saggi delle curatrici e un ricco corredo iconografico, con le illustrazioni delle opere esposte e una serie di fotografie d’epoca inedite. 

Giorgina Bertolino, 22 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

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