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Agnès Geoffray, «Les échappées III», 2024

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Agnès Geoffray, «Les échappées III», 2024

Agnès Geoffray: il corpo femminile e la questione politica

Al Mbal di Le Locle l’ultimo progetto dell’artista francese «Elles obliquent elles obstinent elles tempêtent»

«L’opera di Agnès Geoffray è esteticamente affascinante, altamente autoriale e politicamente rilevante nel modo in cui rappresenta in modo ribelle, resiliente e ostinato le storie di donne definite ineducabili»: queste le parole di Federica Chiocchetti, direttrice del Mbal-Musée des Beaux-Arts Le Locle, nel cantone svizzero di Neuchâtel. Geoffray ci indirizza a guardare oggi agli archivi che hanno documentato e contribuito a produrre la marginalizzazione e il controllo del corpo femminile per immaginare un’altra storia e un altro presente, dove i corpi femminili fuggono da sguardi e trattamenti paternalisti e moralisti. 

Fino al primo marzo 2026 il Mbal ospita l’ultimo progetto di Geoffray in collaborazione con la critica d’arte e curatrice Vanessa Desclaux, una mostra precedentemente presentata a Les Rencontres d’Arles durante l’edizione appena trascorsa. Geoffray e Desclaux hanno indagato i percorsi di giovani ragazze qualificate come «devianti» o «ineducabili», rinchiuse per diversi anni, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, a causa di comportamenti che trasgredivano le norme sociali e morali imposte. Attraverso il confronto tra oltre 20 opere dell’autrice e una selezione di documenti storici, tra cui fotografie, articoli di stampa, documenti amministrativi, la mostra invita a prestare attenzione alle forme delle loro rivolte e all’espressione delle loro aspirazioni all’emancipazione.

Geoffray si colloca da anni in una posizione singolare nel panorama artistico europeo, dimostrando una forte autorialità, senso estetico e capacità di ricerca sensibile e giusta. La sua ricerca intreccia immagini d’archivio e immagini da sé prodotte, attivando dispositivi visivi che non si limitano a esporre, ma rielaborano e rilanciano i documenti, rendendoli materia viva. Con Desclaux, l’artista costruisce un percorso espositivo in cui la memoria storica dialoga con l’immaginazione, aprendo uno spazio critico sul presente, un intreccio semantico dove immagini e testi si stratificano, frammenti ricombinati capaci di generare nuove informazioni e interpretazioni.

La mostra prende avvio dagli archivi dei riformatori femminili di Cadillac, Doullens e Clément-de-l’Aire, istituzioni in cui fino al XIX secolo venivano rinchiuse le cosiddette «ineducabili». Giovani donne giudicate deviate, prostitute, orfane, ribelli: corpi da disciplinare e vite da correggere. La categoria stessa di ineducabile diventa così un prisma attraverso cui leggere i dispositivi di potere che hanno storicamente definito il femminile. Il progetto dialoga con le opere precedenti di Geoffray. In «Les suspendus» i corpi appaiono sospesi, trattenuti tra caduta e resistenza; in «Les gisants» emerge l’ipervisibilità di figure ingigantite fino a diventare monumentali; «Les impassibles» esplora la rappresentazione del corpo negato, sottratto allo sguardo; «Les captives» riporta invece l’attenzione su corpi reclusi, imprigionati in spazi e posture limitanti. Questi cicli compongono un atlante visivo delle condizioni di marginalità e controllo, un archivio immaginato che anticipa le domande della mostra attuale: come il corpo, soprattutto femminile, sia stato guardato, disciplinato, trasformato in immagine, e come oggi queste immagini possano essere liberate.

Il corpo come questione politica attraversa l’intera mostra e la pratica di Geoffrey. Così come le donne «ineducabili» furono internate in nome della correzione morale, oggi altre forme di disciplina continuano a operare sui corpi delle donne e delle minoranze. La genealogia evocata trova risonanza nelle riflessioni di Silvia Federici, che ha collegato la caccia alle streghe con la nascita del capitalismo moderno: un processo che ha ridotto il corpo femminile a terreno di sfruttamento e controllo.

La domanda che resta sospesa è cruciale: perché è sempre attuale e necessario ripercorrere gli archivi, espanderli, riportarli in luce per narrarli? La mostra suggerisce che ogni archivio è parziale, e che l’atto artistico può avere il compito di rompere questa parzialità, offrendo spazi di voce e visibilità a chi ne è stato escluso. La forza del progetto risiede proprio in questa capacità di riattivare la memoria come atto politico. Non un esercizio di commemorazione, ma un gesto di quieta ribellione che ricorda come gli archivi non siano mai neutrali e come i corpi, ieri come oggi, restino una questione politica e collettiva.

Agnès Geoffray, «L’étendard», 2024

Agnès Geoffray, «Les orageuses I», 2023

Ilaria Sponda, 29 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

Agnès Geoffray: il corpo femminile e la questione politica | Ilaria Sponda

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