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Il presidente del Senegal Macky Sall, a destra, regge una spada rituale restituita (ma solo in prestito) lo scorso novembre dal Primo ministro francese. © Seyllou/Afp via Getty Images

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Il presidente del Senegal Macky Sall, a destra, regge una spada rituale restituita (ma solo in prestito) lo scorso novembre dal Primo ministro francese. © Seyllou/Afp via Getty Images

AFRICA | La Francia frena

Il processo di restituzione del patrimonio africano si è arenato su entrambi i fronti

Vincent Noce

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Parigi. Sono passati più di due anni da quando il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che la restituzione dei reperti africani dell’epoca coloniale ai Paesi di provenienza sarebbe stata una priorità della sua presidenza. Più di un anno è trascorso dalla consegna al leader francese dell’importantissima relazione di Bénédicte Savoy e Felwine Sarr, in cui si chiedeva la restituzione «incondizionata» del patrimonio africano e dal suo annuncio del rimpatrio in Benin di 26 opere dal Musée du quai Branly-Jacques Chirac di Parigi.

Ad oggi, nonostante le rinnovate promesse di collaborazione, il processo si è arenato a causa di complicazioni su entrambi i fronti. Temendo la disgregazione delle loro collezioni, molti musei francesi si sono tenacemente opposti alle proposte radicali suggerite nel 2018 dal rapporto di Bénédicte Savoy e Felwine Sarr. Il Governo francese ha iniziato a formulare nuove strategie che Sarr, in una recente intervista al «New York Times», ha definito una «ritirata».

Al posto della conferenza euro-africana sull’argomento, promessa da Macron, il ministro della Cultura Franck Riester ha organizzato lo scorso luglio a Parigi un simposio di più basso profilo. Qui ha chiesto ai rappresentanti africani «di non concentrarsi sul solo aspetto della restituzione», preferendo il concetto di «circolazione culturale», che prevede prestiti e mostre. Anche una seconda conferenza in programma per l’autunno è stata declassata a un dibattito a porte chiuse sulla ricerca sulla provenienza tra un piccolo numero di istituzioni francesi, tra cui il quai Branly e l’Institut national d’histoire de l’art. Un festival finanziato dal Governo e dedicato alla cultura panafricana che si svolgerà in diverse località in Francia da giugno a dicembre sarà dedicato più alla musica e all’arte contemporanea che al patrimonio culturale.

Questo mese Stéphane Martin, direttore del quai Branly dal 1998, che ha espresso sostegno alla restituzione dei manufatti africani, lascerà l’incarico, dopo che il Governo francese non ha rinnovato il suo mandato. La scelta del successore sarà un test sulla volontà della Francia di fare progressi in quest’ambito. Quel che più sorprende, però, è che anche i Paesi africani coinvolti hanno rallentato la procedura. Nel simposio di luglio, José Pliya, direttore dell’Autorità per il Patrimonio culturale del Benin, ha chiesto che la restituzione dei manufatti reali venisse rimandata perché il Paese non ha un luogo dove esporli.

È stata annunciata la realizzazione di un nuovo museo nel Palazzo reale di Abomey che potrebbe aprire nel 2022, ma i lavori non sono ancora iniziati. L’Agenzia francese per lo sviluppo, che ha promesso il suo sostegno al progetto da 12 milioni di euro, farà partire a breve uno studio di fattibilità. Il ministro Riester è stato a Cotonou a metà dicembre per firmare un accordo per mostre, prestiti e assistenza tecnica, ma il suo impegno per il rimpatrio dei manufatti del Benin entro il 2021 è soggetto all’approvazione di una legge da parte del Parlamento francese che permetta loro di lasciare le collezioni nazionali.

Ci sono voluti circa tre anni perché l’Assemblea nazionale nel 2010 approvasse la restituzione alla Nuova Zelanda di 16 teste di Maori mummificate. A Dakar, a causa della mancanza di fondi da parte del Governo senegalese, è in stand by il progetto per una mostra di Picasso e arte africana al Musée des Civilisations Noires, organizzata dal quai Branly e dal Musée Picasso di Parigi. A novembre il primo ministro francese Edouard Philippe ha restituito una spada appartenuta al leader musulmano Omar Saïdou Tall, sottratta dalle truppe francesi nel 1893, che era già esposta a Dakar.

L’oggetto appartiene ancora al Musée de l’Armée di Parigi ed è stato concesso al Senegal come prestito quinquennale rinnovabile. Hamady Bocoum, direttore del Musée des Civilisations Noires, ha espresso il suo apprezzamento per questo gesto, ma sottolinea: «Stiamo ancora aspettando che cambi la legge francese», che attualmente vieta qualsiasi dispersione delle collezioni nazionali.

Nonostante sia stato caldamente suggerito dal rapporto Savoy-Sarr, il Governo non ha espresso alcuna intenzione di una modifica in tal senso. Tuttavia, il Senato ha dato il via a uno studio sulla questione legale della restituzione per «dissipare la zona d’ombra intorno alle recenti iniziative del Governo». I risultati sono attesi per la prossima primavera.



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Vincent Noce, 10 febbraio 2020 | © Riproduzione riservata

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