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Barbara Antonetto
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Tolosa è la quarta città di Francia per numero di abitanti, è estremamente gradevole per il clima, per il colore caldo del mattone che accomuna i suoi edifici, per le rive della Garonna trasformate in spazi di vita all’aperto con prati e lunghissime passeggiate, per i viali alberati e i giardini, per la grande quantità di giovani attratti dalla sua rinomata Università, per i monumenti di pregio quali, per ricordare soltanto i due principali, la Cattedrale gotica con una particolare facciata asimmetrica e la romanica, vastissima, Basilica di Saint-Sernin intorno alla quale gli abitanti si ritrovano a giocare alla pétanque, per i numerosi musei che spaziano dall’industria aerospaziale all’arte orientale. Nonostante ciò i francesi stessi la conoscono poco e per gli stranieri non è tra le mete privilegiate a causa di collegamenti aerei e ferroviari non favorevoli.
Eppure varrebbe il viaggio anche solo la Fondazione Bemberg con sede nell’Hôtel d’Assézat, uno dei più bei palazzi rinascimentali di Francia eretto a metà Cinquecento su progetto di Nicolas Bachelier per Pierre Assezat, un mercante arricchitosi con il commercio del pastel (o guado), l’erba con la quale si otteneva la tintura azzurra prima che arrivasse l’indaco dall’India. Nel sontuoso edificio è esposta la raccolta del collezionista argentino Georges Bemberg: dipinti, disegni, arredi e oggetti d’arte dal Cinque al Novecento acquistati principalmente all’asta nella prima metà del Novecento, quando sul mercato si riuscivano ancora a comprare opere che oggi sarebbero inavvicinabili, tra gli altri di Bassano, Tiziano, Tintoretto, Veronese, Cranach, Guardi, Canaletto, Bonnard (una trentina), Cezanne, Gauguin, Degas, Picasso, Redon, Signac. Ognuna un colpo di fulmine: gli stessi familiari di quell’uomo solitario e sobrio sono rimasti sbalorditi al momento dell’inaugurazione del museo, che oggi festeggia il trentennale con una mostra sul virtuosismo creativo dei gioielli nel Rinascimento a cura della direttrice del museo, Ana Debenedetti: in un bel allestimento sono accostati pezzi di oreficeria e dipinti del Cinquecento in prestito dai più importati musei europei.

Angelica Mesiti, «Mother Tongue», Tolosa, Musée Saint-Raymond

H·Alix, «Je veux yn presidol», Tolosa, Ecole Nationale Supérieure d’Audiovisuel e Institut supérieur des arts et du design
Per godere di tutto questo, e molto altro (dalla buona cucina alla gente amabile), il mese di giugno è l’ideale per un soggiorno a Tolosa perché fino al 22 la città è animata da un Festival della creazione contemporanea nato nel 1991 come Le Printemps de septembre (inizialmente con cadenza biennale poi divenuta annuale) e dal 2023 anticipato a maggio-giugno, Questa terza edizione in maggio rimane fedele ai principi fondanti, ha sottolineato all’inaugurazione la presidente Eugénie Lefebvre: essere un’eco del presente e delle sue grandi trasformazioni, creare un contesto in cui gli artisti possano lavorare e sostenere la loro creatività favorendo la realizzazione di nuove opere; posare lo sguardo su un quartiere della città coinvolgendone gli abitanti e mettendone in luce punti di forza e specificità, rendere accessibili luoghi solitamente chiusi, procedere nel senso di una sempre maggiore inclusività.
Con l’obiettivo di svelare il punto di vista degli artisti sulla nostra epoca, ogni edizione è affidata a un artista associato che provenga da uno dei molteplici campi della creazione. Quest’anno la scelta è caduta su Kiddy Smile, musicista, dj, ballerino di vogue (una forma d’arte che combina elementi di danza, moda e performance nata nelle Maisons di New York, rifugi per la comunità Lgbtqi+ in cui esprimere la propria identità plurale in un quadro collettivo), giudice della trasmissione «Drag Race». La sua «diversità», con le sofferenze che ha comportato, e la sua propensione a fare famiglia riunendo intono a sé una comunità di artisti, lo hanno guidato nella sua missione: mettere insieme svariate pratiche artistiche per scrivere nel quartiere Saint-Sernin-Arnaud Bernard una storia che è al contempo personale e universale. Una storia che ha come fil rouge l’amore, i legami familiari, soprattutto quelli spezzati di chi soffre lontano da casa e di chi ha dovuto lasciare Paesi segnati dalla guerra, una storia di riscatto che, tramite parole, musica, video, performance e danza, celebra le «famiglie di cuore» che creano dei legami di gruppo rispettando con fierezza l’unicità di ciascuno e che circondano d’affetto chi è lontano dalle famiglie di sangue. «Fare famiglia» diventa così il titolo di una collettiva curata da Yandé Diouf che ci invita a ripensare l’individualità e i percorsi personali in un quadro comune attraverso opere tra gli altri di Raphaël Barontini, Alice Diop, Brandon Gercara, Binta Diaw, Angelica Mesiti e Laura Henno. La collettiva ha più sedi: il Musée Saint-Raymond (museo archeologico con un cospicuo nucleo di sculture romane), la Bibliothèque d’étude et du patrimoine (straordinario edificio Deco decorato con vetrate, bassorilievi, cancellate e affreschi), la Chapelle des Cordeliers, l’Université Toulouse Capitole e due spazi gestiti da artisti: l’Innessential Space e il Lieu-Commun. A sua volta il quartiere ha una storia millenaria imperniata sulla Basilica di Saint-Sernin, tappa imprescindibile del Cammino di Santiago di Compostela, e caratterizzata da una lunga tradizione di accoglienza di diversi popoli (italiani, marocchini, spagnoli…).

Raphaël Barontini, «Le Griot de la peinture», Tolosa, Bibliothèque d’étude et du patrimoine

Roméo Mivekannin, «Série cartes postales», Tolosa, Lieu-Commun
Molti i progetti artistici a corollario della mostra «Fare famiglia», come l’installazione di Josèfa Ntjam e Tarek Lakhrissi nella barocca Chapelle des Carmélites soprannominata la Cappella Sistina di Tolosa in quanto interamente rivestita di dipinti. Due video molto poetici fondono mitologie, storie coloniali, fantascienza e mondi digitali, attingendo alla politica, all’arte, alla filosofia, alle cosmologie ancestrali, al cinema alla musica per sovrapporre narrazioni mitologiche a immagini della storia coloniale, integrando modelli 3D di creature marine o statue provenienti da collezioni occidentali con fotografie di protagonisti di lotte per l’indipendenza e per l’emancipazione.
Spiega il direttore artistico del festival Clément Postec: «Fotografie, sculture, manifesti, performance e film compongono un percorso eclettico. Le proposte sono poetiche ed empatiche. Lo spirito delle lotte femministe, teorizzate in particolare dalla filosofa Donna Haraway negli anni Settanta, o dai pensieri di Care (prendersi cura significa anche sapere e dire da dove vengo) sono state ampliate dalla giurista afrofemminista americana Kimberlé Williams Crenshaw alla fine degli anni Ottanta ha teorizzato la questione intersezionale: le diverse forme di discriminazione, oppressione e potere che alcuni individui nelle nostre società subiscono contemporaneamente a causa della sovrapposizione e interazione tra diverse identità sociali, come genere, etnia, classe, orientamento sessuale, disabilità. Abbiamo scelto Kiddy Smile come artista associato per aggiornare queste prospettive».
Questi i numeri dell’edizione 2025 di Le Nouveau Printemps: 39 artisti coinvolti, 10 dei quali neodiplomati dell’IsdaT - Institut supérieur des arts et du design de Toulouse, 10 luoghi, e quattro partenariati con Scuole Superiori e Università (Université Toulouse Jean Jaurès, Université Toulouse Capitole, Ecole Nationale Supérieure d’Audiovisuel e Institut supérieur des arts et du design).

André Atangana, «Uprooting», Tolosa, Centre Culturel Bellegarde

Brandon Gercara, «Hibiscus», Tolosa, Inessential Space
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