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Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliI curatori Fabio Benzi e Flavia Matitti ne sono certi: è stato uno dei giganti del suo tempo. La mostra «Fausto Pirandello. La magia del quotidiano», riunisce, dal 19 dicembre al 28 febbraio 2026, all’Accademia nazionale di San Luca a Roma, e dal 20 marzo al 2 giugno 2026 a Villa Aurea-Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi ad Agrigento, 30 dipinti e varie opere su carta di tutte le fasi espressive, per affermare proprio l’assunto del magistero supremo svolto in pittura dal figlio di Luigi Pirandello.
Ad accomunarli, una febbrile indagine della realtà e della condizione umana, Fausto (Roma, 1899-1975) per immagini, Luigi (Girgenti, 1867-Roma, 1936) mediante parole. «Sì, Fausto Pirandello è stato un personaggio unico e grandioso nell’arte italiana del Novecento, spiega Fabio Benzi, alla stesso tempo legato alle più stimolanti e incisive novità italiane ed europee (Scuola romana, Italiens de Paris, Surrealismo, Realismo, Astrattismo), ma sempre interpretate autonomamente, con una cifra interiore e dolente che sceglie la scabra realtà come oggettivazione dei suoi dubbi, delle sue domande sull'esistenza e sull'uomo: a tal punto che è inquietante vedere come anticipi di venti o trenta anni la visione di un altro gigante solitario della pittura del Novecento, Lucian Freud». Di una «fisionomia inconfondibile e originale, afferma l’altra curatrice, Flavia Matitti. Negli anni Venti e Trenta si è distinto per un crudo realismo esistenziale, spesso coniugato con un Surrealismo straniante, mentre dal secondo dopoguerra si è fatto interprete di un linguaggio “astratto-concreto”, come diceva Lionello Venturi, caratterizzato da singolari sperimentazioni cromatiche tese a ottenere la massima intensità luminosa. Tra l’altro, negli anni Cinquanta e Sessanta Pirandello è stato uno dei pochi artisti italiani considerati all’estero, insieme ad Afro, Cagli, Capogrossi, de Chirico, Burri, Fontana e pochi altri».
Come descrivere a parole, la pittura di Fausto Pirandello?
È ancora Flavia Matitti a rispondere: «Pirandello è noto al grande pubblico soprattutto per le opere dipinte negli anni Trenta, che appaiono pervase da un senso di mistero, di sospensione metafisica o di allarme, come per l’arrivo di una catastrofe imminente. Queste opere sono per lo più caratterizzate da una materia pittorica scabra e da colori terrosi e calcinati, addolciti tuttavia dall’inserto di una raffinata nota più delicata, come il rosa antico, il verde giada, il celeste o il lilla. All’inizio della sua carriera, negli anni Venti, Pirandello utilizzava invece colori più squillanti e luminosi e la materia pittorica, sebbene spessa, appariva meno opaca. Ma la mostra presenta anche numerosi lavori realizzati dopo la Seconda guerra mondiale, quando Pirandello ritrova tutta la forza espressiva e la brillantezza del colore. Questi lavori rappresenteranno, per molti, una sorpresa rispetto al più noto Pirandello “pittore di drammi”, come lo aveva definito Corrado Alvaro, perché sprigionano un’energia vitale affidata unicamente alla purezza della forma e del colore».
Il rapporto con il padre è sigillato con la mostra ad Agrigento, città natale del Premio Nobel per la letteratura, nonché sede di soggiorni estivi di Fausto Pirandello bambino. Il rapporto con l’Accademia di San Luca è nei registri dell’antica istituzione di artisti, essendo stato, dal 1948 alla morte nel 1975, Accademico nazionale di San Luca.
Fausto Pirandello, «Testa di bambola», 1935 ca, Roma, collezione privata