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Giuseppe M. Della Fina
Leggi i suoi articoliNel luglio del 1931, l’archeologo e scrittore Amedeo Maiuri visitò l’area archeologica di Paestum e quella di Velia, i suoi appunti di viaggio confluirono nel libro Passeggiate campane pubblicato, in prima edizione, nel 1938. Di queste due straordinarie aree archeologiche abbiamo parlato con Tiziana D’Angelo, da poche settimane direttrice del Parco archeologico di Paestum e Velia.
Lei ha studiato in Italia, poi in Inghilterra e infine negli Stati Uniti. Questa triplice formazione funziona ora in Italia?
Sono contenta. Il mio percorso ha seguito una certezza, quella della passione per l’archeologia, con molte curiosità. Ho studiato Antichità Classiche e Orientali all’Università di Pavia, e in quegli anni ho subito il fascino della cultura etrusca. Grazie a una borsa di studio del Collegio Ghislieri ho avuto modo di trascorrere un periodo di ricerca all’Università di Cambridge. Incuriosita dal loro tradizionale approccio «question-centered», ho deciso di proseguire i miei studi in Inghilterra, con un MPhil in Archeologia Classica all’Università di Oxford. Il dottorato mi ha portato poi oltreoceano, ad Harvard, dove mi sono occupata di pittura funeraria antica in Italia meridionale. È negli Stati Uniti che ho cominciato a coltivare interessi museali, prima con una internship presso gli Harvard Art Museums e poi con una fellowship al Getty Research Institute e una al Metropolitan Museum of Art.
Come si comunica l’archeologia?
Credo che il punto di partenza sia riconoscere che l’archeologia non è solo espressione di un patrimonio culturale, ma costituisce anche un eccezionale valore relazionale. Un parco archeologico ha il dovere di raccontare il passato a un pubblico il più vasto e diversificato possibile. Trovo che un modo particolarmente efficace sia raccontare come la storia non sia semplicemente già «scritta», ma si trasformi attraverso il lavoro di archeologi, restauratori, scienziati, architetti e guide turistiche. Un visitatore deve poter essere coinvolto attivamente in questo processo di scrittura e riscrittura della storia, attraverso un laboratorio didattico, la visita di un cantiere di scavo o una mostra multimediale.
Qual è l’importanza di Paestum nella storia antica del Mediterraneo?
La città antica di Paestum ha tre cuori: uno greco, uno lucano e uno romano. I suoi monumenti e le sue pietre raccontano la storia di un centro che molto rapidamente si è trasformato in un crocevia di genti e culture, all’interno di un mondo caratterizzato da contatti e conflitti. In quest’ottica, i maestosi templi dorici di Poseidonia, le tombe dipinte di epoca lucana, la scultura e le iscrizioni romane sono espressione di forme di ibridazione culturale, che ci raccontano concretamente la complessità di un Mediterraneo in cui Greci, Etruschi, Romani e popolazioni italiche si incontravano e interagivano, dando vita a nuove tradizioni artistiche e culturali.
E quella di Velia?
Velia ha una storia eccezionale. Elea (così si chiamava la città in epoca greca) è diversa dalle altre colonie greche dell’Italia meridionale: non ha più la sua madrepatria, Focea (in Asia Minore), distrutta dai Persiani verso la metà del VI secolo a.C. La nascita di Elea sulla costa tirrenica si colloca come il punto d’arrivo di una fuga compiuta in nome della libertà, che porta la comunità focea in un lungo e travagliato viaggio attraverso il Mediterraneo. Si tratta di una storia di grande potenza e attualità. Ma Velia è anche la città di Parmenide e Zenone, in cui riscoprire alcuni dei fondamenti della filosofia e della cultura del Mediterraneo.
Quali progetti ha per i primi mesi?
Ci troviamo in una fase di «riapertura», con l’uscita dall’emergenza sanitaria e il sopraggiungere della stagione estiva. Questo ci vede impegnati su molteplici fronti, con progetti di tutela, ricerca e fruizione. Da una parte l’organizzazione di spettacoli teatrali e concerti nelle aree di Paestum e Velia. Dall’altra, stiamo portando a termine un importante progetto di riallestimento del Museo Archeologico Nazionale di Paestum, che ci auguriamo di poter riaprire quanto prima. Ci si prepara anche alla riapertura al pubblico dei depositi del Museo e dei templi nel santuario meridionale. Nel contempo stiamo riprendendo campagne di scavo e collaborazioni di ricerca nazionali e internazionali. Sono in programma anche progetti di tutela, tra cui un monitoraggio del Tempio di Atena a Paestum e una mostra a Velia.
Quali sinergie ipotizza tra l’area archeologica e il Museo Archeologico Nazionale di Paestum?
Area archeologica e museo sono strettamente connessi, nell’ottica di una valorizzazione diffusa del patrimonio archeologico e culturale. Si tratta di un rapporto che può essere ulteriormente consolidato, anche attraverso la collaborazione della Soprintendenza. Fondamentale è anche il supporto di strumenti digitali, quali l’app del Parco, che abbiamo in programma di estendere all’area archeologica e agli antiquaria di Velia. Il riallestimento del Museo di Paestum consentirà inoltre di creare nuovi percorsi di visita che valorizzino aspetti del rapporto con l’area archeologica e che potrebbero includere anche diverse sezioni della cinta muraria.

Tiziana D’Angelo

Una veduta del Tempio di Nettuno
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