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Stefano Miliani
Leggi i suoi articoliI Palazzi papali del Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto dal settembre scorso sono chiusi per lavori e alcune opere trasferite provvisoriamente in Cattedrale suscitano le critiche di Lucio Riccetti, presidente della sezione orvietana di Italia Nostra: «Non sapendo dove mettere le opere l’ente ripiega nell’interno del Duomo come se fosse un magazzino: tavole musealizzate da oltre un secolo sono come “appese” nelle cappelline dove stavano in origine, ma molto in alto perché si vedano sotto gli affreschi trecenteschi. Senza contestualizzazione in quelle nicchie si sperdono. In più resto sorpreso che non si siano accorti in tempo che il museo non fosse adeguato perché non ha un sistema di climatizzazione adatto, non è organizzato per accogliere il personale né i turisti: così resta chiuso proprio nell’anno del Giubileo quando Orvieto è una tappa frequente da Roma».
Tra le tele cinquecentesche ora in Cattedrale figurano dipinti dell’orvietano Cesare Nebbia (1536 ca-1616) e del bresciano Girolamo Muziano (1532-82). Ma la raccolta ha anche artisti come Simone Martini, Arnolfo di Cambio, Coppo di Marcovaldo (attribuito) e altri maestri: come comunica a «Il Giornale dell’Arte» il presidente dell’Opera, l’ingegner Andrea Taddei, grazie a un accordo da febbraio verranno esposti per la durata dei lavori, con un’altra dozzina di opere, nel Museo etrusco «Claudio Faina», dirimpetto alla Cattedrale.
«Abbiamo chiuso a settembre la parte dei musei papali per riallestirli e aggiornare gli impianti, spiega Taddei. Una commissione tecnica deve studiare una ricollocazione sia delle opere esposte sia di altre non esposte». Quali componenti, il presidente indica l’architetto Maurizio Damiani e don Francesco Valentini, del consiglio dell’Opera, e tre esperti di provata competenza: Antonio Natali, già direttore degli Uffizi, Giandomenico Spinola, vicedirettore dei Musei Vaticani, Francesco Federico Mancini, già professore di Storia dell’arte all’Università di Perugia. Per la parte architettonica l’incarico è stato affidato allo studio umbro Balletti+Sabbatini.
«In Duomo abbiamo sette tele più, in scala 1:1, tre copie perché gli originali su lavagna o strutture murali sono intrasportabili, prosegue Taddei. Abbiamo voluto le opere nelle stesse collocazioni antiche nelle navate ma non alla stessa altezza perché lì c’erano altari poi smantellati. L’allestimento è temporaneo, per l’anno giubilare. Appenderle è l’opzione meno problematica: sarà facile rimuoverle, se le mettevamo a un metro e mezzo sopra l’altare avremmo dovuto studiare strutture impattanti».
Il progetto dei dipinti nel Duomo è stato autorizzato a fine 2024 dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio umbra, guidata fino al 31 dicembre scorso dall’ingegner Giuseppe La Cava, come conferma la dirigente delegata ora in carica Francesca Valentini. La situazione microclimatica in chiesa? «Gli sbalzi sono lenti e graduali, le tele probabilmente soffrivano di più nel museo dove in estate abbiamo problemi di climatizzazione, per questo riqualifichiamo gli impianti», risponde il presidente. Costi? «Qualche milione di euro. Aspettiamo il computo dagli architetti». Tempi? «Quando riapriremo i palazzi papali interverremo nel Museo Emilio Greco. Per riaprire tutto servirà almeno un paio di anni».
Al 17 gennaio le home page dei siti ufficiali museomodo.it e duomodiorvieto.it non segnalavano che i Palazzi papali sono chiusi.
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