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Olga Scotto di Vettimo
Leggi i suoi articoli«A Matter of Life and Death» (25 gennaio-26 marzo) alla Thomas Dane Gallery, a cura di Jenni Lomax è una collettiva con opere in argilla, materiale dalle molteplici qualità, di artisti di generazioni diverse: «Sia che usino argilla cruda o cotta, dichiara la curatrice, le loro opere rivelano un senso di pericolo e ci trasmettono la consapevolezza della precarietà delle proprietà e dei processi dell’argilla».
In mostra, assieme a Lucio Fontana, che definì l’argilla «terremotata ma ferma», e Leoncillo Leonardi, Phillip King (Tunisi, 1934-Londra, 2021), che interviene sulle sculture con tagli e rotture; la statunitense Lynda Benglis (1941), che espone colorate estrusioni; Magdalene A.N. Odundo (Nairobi, Kenya, 1950), i cui lavori sembrano contenere la forza vitale del respiro.
Sei gli artisti britannici: Lawson Oyekan (1961) presenta strutture che si misurano e si confrontano per verificare le proprie somiglianze e differenze; Andrew Lord (1950) ripara con oro fuso l’argilla danneggiata; Anya Gallaccio (1963) evidenzia il processo di creazione e di volontaria distruzione esponendo frammenti dei suoi lavori; Keith Harrison (1967) valorizza la componente vitale dell’argilla mediante lavori performativi; Phoebe Cummings (1981) interverrà sull’edificio dove ha sede la galleria; Serena Korda (1979), le cui bottiglie in ceramica si prestano a divenire strumenti sonori, proprio come la collana con grandi perline in ceramica realizzata per la mostra («And She Cried Me a River», 2021).
La piacentina Chiara Camoni (1974), infine, riflette sulla bellezza ambigua della natura esponendo vasi-farfalle e Masaomi Yasunaga (Osaka, 1982) si misura con i materiali nella consapevolezza delle intrinseche potenzialità di autodistruzione che essi contengono.

Keith Harrison, «Resistor», 2001 (fotogramma del video). © Keith Harrison. Courtesy the artist and Thomas Dane Gallery
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