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Roberta Bosco
Leggi i suoi articoliAncora una volta gli eredi di Joan Miró accorrono in aiuto della Fondazione creata dall’artista nel 1975, quando a Barcellona non esistevano istituzioni dedicate all’arte contemporanea. Arriva ora lo straordinario deposito di 54 opere (44 dipinti, 9 disegni e una ceramica) che permetteranno nuove letture della collezione permanente, offrendo un ulteriore incentivo alla visita da parte del pubblico internazionale, ma anche e soprattutto locale.
Ai 54 Miró si sommano 5 opere di Alexander Calder: 4 sculture e un ritratto di Miró in fil di ferro, incredibilmente somigliante. Le opere coprono tutta la vita professionale di Miró: dalla figurativa «Bosco di Bellver» del 1910, realizzata dall’artista appena diciassettenne, passando per i provocatori interventi su opere trovate nei mercatini, fino alle composizioni astratte della maturità.
Alcune opere sono già a Barcellona, ma la maggior parte è in Italia, per la mostra «Miró. Il colore dei sogni» (Fondazione Magnani-Rocca di Parma, fino al 12 dicembre). Il deposito, che verrà presentato al pubblico il prossimo marzo, è un successo della nuova presidente del Patronato, la collezionista Sara Puig, nominata poco prima dello scoppio della pandemia.
«Il patronato deve assumere una funzione più proattiva per ottenere nuove risorse economiche, ma non solo», ha affermato la Puig durante l’annuncio del deposito e l’ingresso nel Patronato dell’artista Ignasi Aballí, che rappresenterà la Spagna nella prossima Biennale di Venezia. La Puig ha potenziato il programma di patrocinio, coinvolgendo anche i numerosi appassionati di Miró che vivono con preoccupazione la grave crisi economica della Fondazione.
«Da agosto apriamo anche il giovedì, è un segno di ripresa ma il nostro obiettivo naturalmente è aprire di nuovo sei giorni alla settimana e riattivare il prestigioso Premio Miró ora fermo», conclude Sara Puig, decisa a ristabilire la normalità prima del 50mo anniversario della Fondazione nel 2025.

La collezionista Sara Puig. Foto Oriol Clavera
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