Dettaglio dell’applique di danzatrice velata (I-II secolo d.C.), bronzo da Industria, scavi 1811-13

Foto Studio Gonella

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Dettaglio dell’applique di danzatrice velata (I-II secolo d.C.), bronzo da Industria, scavi 1811-13

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1724-2024: i 300 anni del Museo di Antichità di Torino

Dal sito di Industria al viaggio nel cuore romano e cristiano della città sabauda, una mostra e un nuovo percorso di archeologia urbana

Quest’anno nel capoluogo piemontese si festeggia la nascita di due importanti musei che dall’800 al 1939 erano riuniti in un’unica sede, nel Collegio dei Nobili, oggi sede anche dell’Accademia delle Scienze: il Museo Egizio fondato nel 1824 e il Museo di Antichità, la cui origine si fa risalire a ben un secolo prima.

Il 3 aprile 1724, infatti, arrivava in città lo storico ed erudito veronese Scipione Maffei su invito di Vittorio Amedeo II, con l’incarico di mettere in ordine le epigrafi latine venute alla luce durante la demolizione delle mura seicentesche. È da qui che prenderà forma il primo nucleo del Museo, a cui si uniranno i materiali raccolti in precedenza dai Savoia (Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele I), che troveranno insieme collocazione nel cortile dell’Università Regia di Torino come Lapidario. A determinare la sua fortuna contribuirono anche le ricerche nella città romana di Industria, presso Monteu da Po (circa 40 chilometri a est da Torino). Qui, tra il 1742 e il 1744, i due giovani curatori di allora del museo portarono alla luce, tra i numerosi materiali, una grande iscrizione in bronzo, con la dedica di un collegio di sacerdoti preposti a culti orientali («pastophori industrienses»), che si rivelerà fondamentale per l’ubicazione della città, citata da Plinio il Vecchio (Naturalis Historia), sede di un santuario dedicato a Iside. Proprio alla dea allude il titolo della mostra «La Scandalosa e la Magnifica. 300 anni di ricerche su Industria e sul culto di Iside in Piemonte», inaugurata oggi nello Spazio Scoperte della Galleria Sabauda (fino al 10 novembre), per celebrare i 300 anni del Museo di Antichità, che oggi come allora, spiega la curatrice Elisa Panero, «mantiene vive le due anime, lo spirito del collezionismo antiquario e la ricerca sul territorio».

Il titolo, tratto da un inno a Iside contenuto in un papiro egizio (III-IV secolo d.C.), allude alla fascinazione della dea e al suo essere insieme più cose. «I Savoia hanno sempre guardato con interesse al mondo egizio, spiega Panero, quasi a voler ricondurre le loro origini alla sfera del mito. Ne erano così affascinati che nel 1824 acquistarono la collezione di Bernardino Drovetti (primo nucleo del Museo Egizio, Ndr)». Nella fase preromana di Industria (conosciuta con il nome di «Bodincomagus», mercato sul Po), il culto di Iside era già presente, testimonianza di come gli influssi del mondo mediterraneo viaggiassero lungo il fiume che collegava l’Italia del Nord con l’Adriatico e quindi con la Grecia e l’Asia Minore. La mostra, una settantina di pezzi tra bronzi, marmi e iscrizioni, alcuni mai esposti, offre l’occasione per far conoscere al pubblico le collezioni del museo. «In concomitanza, aggiunge la curatrice, inauguriamo il percorso della Basilica paleocristiana del Salvatore scoperta all’incirca un secolo fa in un itinerario che parte dal teatro dell’antica Augusta Taurinorum, già sistemato nel 2021, per proseguire sotto la piazza del Campanile di San Giovanni (Duomo della città) in un viaggio che conduce dall’età romana alla città tardoantica, nel cuore della romanità e poi della cristianità, proprio dove non a caso i Savoia costruirono il Palazzo Reale».

«Per questo nuovo percorso di archeologia urbana abbiamo lavorato su più fronti e con una squadra eterogenea di professionisti, spiega l’architetto dei Musei Reali Filippo Masino. L’area è sempre stata negletta e mancavano le risorse per restituirla al pubblico. Il cantiere presentava problemi strutturali per la complessa stratificazione, 1.100 anni di storia su una superficie di 850 metri quadrati che abbiamo preservato con un approccio conservativo». Grazie a una pedana metallica e a una sapiente illuminazione che suggerisce di leggere l’impianto architettonico, è possibile ora camminare con cautela ed elmetto sulla testa (laddove l’altezza del soffitto lo consente) tra le vestigia della Basilica del Salvatore (fine del IV secolo d.C.), l’unica rimasta delle tre basiliche paleocristiane sorte nel centro cristiano della città, lambendo i pesanti blocchi del vicino teatro romano utilizzato come cava una volta dismesso, le sepolture sorte in prossimità delle tre basiliche paleocristiane e le enormi fosse per la fusione delle campane ai piedi del campanile rinascimentale. 

«La costruzione del Duomo, aggiunge Stefania Ratto della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Torino, ha consentito la conservazione di questo straordinario e complesso palinsesto la cui lettura oltre che dalle luci, è facilitata da pannelli esplicativi e dall’utilizzo di ghiaia di differente colore a indicare le fasi pavimentali della Basilica. Oggi siamo molto orgogliosi del risultato ottenuto». Al momento l’area archeologica sarà visitabile due giorni a settimana (martedì pomeriggio e sabato mattina). Si aggiunge così un ulteriore tassello alla riorganizzazione delle collezioni dei Musei Reali avviata nel 2016 e che nel 2022 aveva visto la creazione della Galleria Archeologica nella Manica Nuova di Palazzo Reale. Il prossimo intervento, entro il 2025, sarà il riallestimento del Padiglione del Territorio, dedicato ai ritrovamenti della zona, sito di Industria compreso.

Una delle sale della mostra «La Scandalosa e la Magnifica». Foto Musei Reali

Laura Giuliani, 22 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

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