Rembrandt, «Ragazza in una cornice», 1641 (particolare)

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Rembrandt, «Ragazza in una cornice», 1641 (particolare)

Vedere ed esser visti

I prossimi appuntamenti di Palazzo Barberini

Che cosa vediamo quando guardiamo un’opera d’arte? Se lo chiede la mostra «L’ora dello spettatore. Come le immagini ci usano», a Palazzo Barberini dal 2 dicembre al 5 aprile, con opere dal Cinque al Settecento ordinate da Michele Di Monte. Prologo «Il Mondo Novo» (1765 ca) di Giandomenico Tiepolo, con un pubblico in attesa raffigurato di spalle.

La «Ragazza in una cornice» (1641) di Rembrandt apre la sezione in cui il diaframma fra universo dipinto e spettatore è rappresentato da finestre, sipari, tende. L’invito è esplicito nell’occhiata diretta e maliziosa che Venere ci rivolge dalla tela di Guercino «Venere, Marte e Amore» (1633). Altrove lo spettatore è testimone di quanto avviene sulla scena, come nel brutale «Giuditta e Oloferne» (1622) di Johan Liss. Infine, l’atto del guardare si fa consapevole e il gioco seduttivo manifesto, come nella «Nuda» di schiena (1740) di Pierre Subleyras.

Dal 12 novembre al 4 luglio a Palazzo Barberini anche «Plasmare l’idea. Pierre-Étienne Monnot, Carlo Maratti e il monumento Odescalchi», curata da Maurizia Cicconi, Paola Nicita e Yuri Primarosa con il grande modello in legno dipinto e terracotta dorata di Pierre-Étienne Monnot per il monumento funebre di papa Innocenzo XI Odescalchi, realizzato in San Pietro in Vaticano nel 1695-97.

Il modello, acquisito dallo Stato dalla famiglia Odescalchi, è accanto a un primo bozzetto in terracotta dal Bargello (restaurato). In mostra altre dieci opere, tra cui la serie di apostoli dipinta da Andrea Sacchi e Carlo Maratti per il cardinale Antonio Barberini, a illustrare l’influenza sullo stile di Monnot delle opere di Maratti, che per la tomba di Innocenzo XI fornì progetti grafici.

Rembrandt, «Ragazza in una cornice», 1641 (particolare)

Arianna Antoniutti, 01 novembre 2020 | © Riproduzione riservata

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Vedere ed esser visti | Arianna Antoniutti

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