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«Looking forward to meet me» (2020) di Visvaldas Morkevicius

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«Looking forward to meet me» (2020) di Visvaldas Morkevicius

Una sfida europea per la Lituania: arte, fotografia e cultura chiave del successo

Si è da poco concluso il «Lithuanian Photography Showcase», evento dedicato a 11 curatori internazionali, invitati a Vilnius per scoprire la scena fotografica lituana

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Redazione GDA

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La Lituania ha appena 2,8 milioni di abitanti, quanto i cittadini di Roma. Eppure questo piccolo Paese, dal 2015 membro dell’Ue, si muove nel campo dell’arte con passi da gigante. Non è un caso. Paese dal passato complesso (indipendente solo nel 1990, dopo la dissoluzione dell'URSS) la Lituania ha bisogno di rafforzare la propria identità, il proprio senso di appartenenza. Compito non facile, perché per raggiungere l’obiettivo non c’è altra strada che la rilettura critica della propria travagliata storia. La cultura è la potente arma che i cittadini del Paese baltico hanno a propria disposizione: cosa meglio dell’arte può far coesistere passato e presente, per ricostruire un’idea di sé, aperta alla contemporaneità?

Quando lo sguardo è rivolto al passato, per gli artisti lituani ciò non avviene mai per nostalgia (come potrebbe essere per un Paese che mai si sentì pienamente sovietico?), ma per trovare slancio, per gettarsi nella contemporaneità. La Lituania accetta la sfida, con la volontà di essere parte attiva e affermarsi nel panorama internazionale. Come? Facendo rete tra arte, impresa e governo, per investire in visibilità.

È proprio questa la strategia del «Lithuanian Photography Showcase» (4-8 ottobre 2022), evento organizzato dal Lithuanian Culture Institute insieme alla Lithuanian Photographers Association. L’istituzione culturale di Vilnius ha offerto a 11 curatori provenienti da tutto il mondo una concreta occasione per conoscere la scena fotografica lituana: un programma fitto di appuntamenti tra gallerie (Prospekto Gallery, Kaunas Photography Gallery, Contemporary Art Centre), musei (National Gallery of Art, MO Museum, M. K. Čiurlionis Museum of Art, Tartle), archivi (Lithuanian photographic archive, M. K. Čiurlionis archive), arricchito da incontri, talk, studio visit. Un’idea di promozione culturale interessante e profonda, che lascia in chi vi ha partecipato (come chi scrive) l’impressione di aver conosciuto un panorama che nulla ha da invidiare a quello delle grandi Capitali europee.

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Forse anche grazie alla dimensione di comunità di questo Paese poco popoloso (che facilita il confronto tra artisti, curatori e intellettuali) il dialogo tra discipline e linguaggi è particolarmente produttivo, connotato da una grandissima cura verso la conservazione e la valorizzazione del patrimonio nazionale.
«Nel XX secolo la fotografia lituana è stata testimone degli enormi cambiamenti del nostro Paese. Mentre durante i 50 anni di potere sovietico la comunità degli artisti ha perso la sua dimensione internazionale, dopo l’indipendenza ha rafforzato i suoi legami ed è entrata nel mercato dell’arte» racconta la direttrice dell'Istituto di Cultura Lituano, Aušrinė Žilinskienė,«Organizziamo il programma di studio visit dal 2014 e ne vediamo l’impatto positivo. Il collegamento tra artisti e professionisti incoraggia progetti e scambi internazionali e aiuta gli artisti lituani ad affermarsi all’estero».

Un ruolo importante nel panorama lituano viene svolto dalla Lithuanian Photographers Association, fondata nel 1969 e rimasta ancora oggi una delle più importanti organizzazioni impegnate nello sviluppo dell’arte fotografica. Coi suoi 300 membri, l’associazione è fortemente impegnata nella valorizzazione del patrimonio storico. A partire dai lavori del maestro della fotografia Antanas Sutkus (nato nel 1939) che dalla fine degli anni ‘50 ha documentato, con un archivio di 500.000 negativi, i cambiamenti nella vita del popolo lituano.
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Fotografia documentaria, ma impossibile da racchiudere sic et simpliciter nello stretto recinto del realismo socialista. «L’atto di scattare una foto, scriveva Sutkus nel 1965, è come scavare la sabbia quando si cerca l’oro. Si prende una vanga e si spala finché non si è completamente esausti. Si inizia a lavare la sabbia dorata quando si sviluppano le pellicole. A volte si trova un granello d'oro nella prima pala, a volte nell’ultima. A volte tutti gli sforzi sono vani».

Oggi particolare attenzione va alla promozione della giovane fotografia emergente, a cui gallerie e associazioni dedicano una parte consistente della loro attività, puntando soprattutto sull’editoria: pubblicazioni di monografie, riviste e cataloghi. Se c’è un fil rouge che unisce lo sguardo delle giovani generazioni lituane, punto di partenza della loro ricerca, è il lato più nascosto del quotidiano, la ricerca di un senso di appartenenza che talvolta sfugge e spesso si trasforma in un vuoto carico di sentimenti.
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Visvaldas Morkevicius (1990) in «Public Secrets» racconta, da testimone attivo degli eventi, la sua personale visione della città, in cui sensazioni vibranti, personaggi carismatici, storie pubbliche e verità private si mescolano per raccontare subculture sotterranee e nuove identità. «About the belly button» di Ieva Stankutė (1995) è invece un viaggio attraverso la vita quotidiana di una mamma: attraverso appunti, illustrazioni, foto d’archivio, la giovane autrice accompagna il lettore all’interno di un universo intricato di dettagli dalla forte carica emotiva.

Per Ieva Baltaduonyte (1988) la casa è uno stato mentale, si trova ovunque e in nessun luogo. E per gli immigrati, verso i quali rivolge il suo sguardo, la casa esiste solo nel ricordo. Immigrata lituana trasferitasi a Dublino da adolescente, in «Migracijos» racconta la sua casa, la sua comunità di espatriati, in cui fotografa donne lituane, sue coetanee, immigrate in Irlanda negli anni 2000. La grande capacità di leggere il mezzo fotografico come tecnica dell’arte contemporanea (dunque olistica, capace di abbattere i suoi limiti) emerge in un’opera che tramite la ricerca sulla luce indaga la quarta dimensione, il tempo: Dovilė Dagienė (1981) in «Here Then, There Now» sperimenta la rappresentazione del flusso irreversibile del tempo fisico attraverso i minuti che precedono il calar del sole.
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Questo minimalismo astratto, etereo, è la chiave di lettura anche di Gytis Skudžinskas (1975), che usa la fotografia per sottolineare il confine tra visibile e invisibile, noto e ignoto, naturale e sociale, dando vita a immagini misteriose, silenziose, in cui l’eccesso viene eliminato, mirando alla sostanza profonda e intelligibile delle cose.

C’è da augurarsi che questo piccolo Paese europeo, fucina di nuovi interessanti talenti, riesca a integrarsi sempre più nel panorama artistico europeo. Ne guadagnerebbe la Lituania, certo, che cerca spazi per farsi apprezzare, ma anche l’arte e la fotografia europea, che ha immenso bisogno di energie e intelligenze nuove.

«Migrations» (2012) di Ieva Baltaduonyte

«Silence Pinhole Photography» (2008-11) di Gytis Skudzinskas

«Here Then There Now» di Dovile Dagiene

«About the belly button» di Ieva Stankuté

Redazione GDA, 24 ottobre 2022 | © Riproduzione riservata

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