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Antonio Aimi
Leggi i suoi articoliIn fondo poteva anche funzionare l’idea di presentare la cultura azteca con le parole di coloro che la videro nel pieno del suo splendore. Poteva funzionare perché le cronache della Conquista sono anche grandi opere di epica. Perché l’operazione riuscisse, però, era necessario scegliere i passi più fascinosi e presentarli con efficaci apparati e idee chiare.
Purtroppo, però, nel libro Civiltà e religione degli Aztechi a cura di Luisa Pranzetti e Alessandro Lupo non c’è traccia né degli uni né delle altre. Così il volume si riduce a un copia e incolla di passi di cronisti suddivisi per aree tematiche. Tra i cronisti, però, non si fa nessuna distinzione tra chi aveva fatto ricerche sul campo e chi si era limitato a ricopiare testi altrui, tra chi era stato in Messico una vita e chi era capitato lì di passaggio, tra chi è confermato dall’archeologia e chi è smentito dal buon senso.
Naturalmente nel libro gli apparati non mancano; il problema è che il tutto è all’insegna di un’ambiguità, che avvicina i testi dei curatori più al chiacchiereccio che al saggio scientifico. Le schede sui cronisti, infatti, non solo non reggono il confronto con quelle che Aldo Albonico e Giuseppe Bellini avevano fatto nel 1992 (ma perché non le hanno «copiate», citando, ovviamente, la fonte?), ma ignorano gli snodi fondamentali della storiografia.
Un dato clamoroso di queste lacune è costituito, ad esempio, dal fatto che parlando dei rapporti tra Hernán Cortés e Bernal Diáz del Castillo gli autori dimenticano il recente lavoro di Christian Duverger, che ha dimostrato in modo inconfutabile che il primo è l’autore dell’opera del secondo. Questa sconcertante ambiguità caratterizza anche i testi che dovrebbero presentare le sezioni storico-antropologiche, spesso privi di ogni riferimento bibliografico.
Lupo, poi, parlando del calendario rituale di 260 giorni, scrive che «la sua durata non corrispondeva ad alcun fenomeno naturale ricorrente», dimostrando così di ignorare che esso era legato al passaggio zenitale del Sole alla latitudine di Izapa (un fenomeno naturale ricorrente, fino a prova contraria). Ignorando questo dato, egli fatica ad ammettere la mancanza del bisestile (prima data come ipotesi e poi ammessa), non capisce l’importanza delle piogge zenitali e il fatto che erano queste e non i nomi dei mesi a dettare i tempi dei rituali legati alla fertilità della terra.
Nella tavola cronologica, inoltre, si mettono sullo stesso piano le date degli eventi mitici come l’inizio della migrazione azteca e quelle dell’«histoire événementielle» della Conquista. L’unico avvertimento per il lettore è questo: «Fino alla fondazione di Tenochtitlan [1325] la cronologia offre limitati elementi di certezza». Peccato, però, che la cronologia del libro dia pochi elementi di certezza anche dopo il 1325, perché l’incontro tra Cortés e Montezuma [sic!] avvenne l’8 novembre 1519 e non l’11 novembre come scrivono i curatori.
Appare, dunque, evidente che sulla base di questa confusione e di questi errori sorprendenti per il lettore non sarà facile intravedere la cultura azteca al di là dei testi, a volte fascinosi, a volte difficili, quasi sempre deformanti, dei cronisti.
Civiltà e religione degli Aztechi, a cura di Luisa Pranzetti e Alessandro Lupo, 1.326 pp., Mondadori, Milano 2015, € 80,00
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