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Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliIn coincidenza con la diffusione della notizia sul ritrovamento a Monaco di Baviera di oltre 1.500 opere sparite durante il nazismo (cfr. articolo nella sezione Notizie) in Italia è uscita per Castelvecchi la prima corposa biografia su Rodolfo Siviero, scritta da Francesca Bottari, storica dell’arte e specialista in analisi del patrimonio culturale. L’occasione sono i trent’anni dalla morte di colui che dal 1946 fu ministro plenipotenziario per il recupero dei beni trafugati dall’Italia tra il 1938 e il 1945. Rodolfo Siviero è stato una figura mitica, per quanto ancora semisconosciuta ai non addetti ai lavori, prima difensore e poi geniale «agente segreto dell’arte» del nostro patrimonio culturale. Il volume ne ripercorre l’intera esistenza e attività, dalla nascita nel 1911 a Guardistallo in provincia di Pisa, il trasferimento nel 1924 con la famiglia a Firenze e le difficoltà negli studi, fino al mancato museo delle opere recuperate, suo grande sogno degli ultimi anni di vita, la morte per tumore nel 1983 e la sepoltura alla Santissima Annunziata di Firenze, accanto a Benvenuto Cellini, Jacopo Sansovino e Pontormo, dietro una lapide priva di iscrizione. L’autrice s’immerge in tutta la documentazione disponibile, gli scritti editi dallo stesso Siviero e quelli inediti lasciati nel suo ufficio romano di Palazzo Venezia e oggi all’archivio dell’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze (3 quaderni, 8 diari e 2 agende quasi interamente trascritti nel 2006 da Angela Sanna), oltre ai molti fogli e cartelle conservati nell’archivio del Museo Casa Siviero. A questi si aggiungono le indagini in altri archivi, quelli dei ministeri di Esteri e Difesa, la letteratura specifica su di lui, compresi video e filmati, e quella generale sull’asportazione, la difesa e il recupero del nostro patrimonio durante e dopo la guerra. Il risultato è una biografia che è un vero romanzo, specchio nel bene e nel male di mezzo secolo di storia patria. Siviero a vent’anni è fascista, idealista, dongiovanni, cultore di arte e letteratura, poeta e spia per conto del Servizio Informazioni Militari. Più tardi diventa informatore degli Alleati e capo partigiano, quindi, per quarant’anni, dalla fine della guerra, il più formidabile cacciatore di opere d’arte che restituisce a centinaia all’Italia. Il primo capolavoro a espatriare era stato il Discobolo Lancellotti, preteso dall’ambasciatore culturale di Hitler, il principe Filippo d’Assia, sebbene vincolato e quindi inesportabile dal 1909. La ferita aperta, scrive Bottari, spalanca un’emorragia, che dopo l’8 settembre diventa razzia furiosa, per la cupidigia di Göring e dello stesso Führer. Ironico e carismatico, Siviero è stato un grande lottatore, soprattutto contro il leviatano della burocrazia e dell’ottusità politica e ministeriale. Nelle ultime pagine la Bottari riporta un ricordo del 1991 del giornalista Fabrizio Dentice che di Siviero era stato amico: «Era un uomo del Rinascimento. (...) L’uomo del Rinascimento non era perfetto, ma era intero, nel bene e nel male; e Siviero era proprio questo: avrebbe potuto a buon diritto come Bartolomeo Colleoni mettere tre palle nel suo scudo (...) Era di quegli uomini intransigenti che nella vita si tirano dietro più rancori che amicizie: dal principio alla fine si era trovato a combattere su due fronti. Il nemico alle spalle era nei Ministeri e negli anditi del Palazzo: la burocrazia pavida, servile, incerta, corriva e complice, per snobismo e opportunismi, di interessi che Siviero mortificava nell’interesse dello Stato». Tra ostilità, vittorie, imprese epiche e ben pochi riconoscimenti pubblici, l’operato di Siviero rimane una pagina indelebile della nostra storia.
Rodolfo Siviero. Avventure e recuperi del più grande agente segreto dell’arte, di Francesca Bottari, 250 pp., ill., Castelvecchi, Roma 2013, € 22,00
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