Josef Albers, Variante/Adobe, Fronte Arancione (Variant/Adobe, Orange Front), 1948–58
 Olio su Masonite, 59,6 x 68,5 cm. 
Fondazione Solomon R. Guggenheim, Venezia. 
Donazione: The Josef and Anni Albers Foundation. In onore di Philip Rylands per il suo continuo impegno a favore della Collezione Peggy Guggenheim

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Josef Albers, Variante/Adobe, Fronte Arancione (Variant/Adobe, Orange Front), 1948–58
 Olio su Masonite, 59,6 x 68,5 cm. 
Fondazione Solomon R. Guggenheim, Venezia. 
Donazione: The Josef and Anni Albers Foundation. In onore di Philip Rylands per il suo continuo impegno a favore della Collezione Peggy Guggenheim

Un Albers con radici Maya

Il pittore folgorato dalle piramidi precolombiane

Dal 19 maggio al 3 settembre la Collezione Peggy Guggenheim ospita la mostra «Josef Albers e il Messico», a cura di Lauren Hinkson. In mostra una selezione di dipinti della serie «Variante/Adobe» (1947-52) e «Omaggio al Quadrato» (1949-76), provenienti dal Solomon R. Guggenheim Museum di New York e dalla Anni and Josef Albers Foundation di New Haven, è messa a confronto con una vasta serie di fotografie scattate dall’artista tedesco in Messico. Si tratta di immagini dedicate alle grandi piramidi maya, talvolta composte in arditi fotocollage.

Il Messico fu per l’artista e docente del Bauhaus, che nel 1933 trovò rifugio dal nazismo in America, la scoperta della radice storica delle leggi geometriche della visione, indagata per tutta la vita dal pittore. Serialità, regolarità di rapporti, effetti percettivi dei grandi santuari precolombiani corrispondevano talmente ai principi dell’arte albersiana da indurlo a dire che «il Messico è senz’altro la terra promessa dell’arte astratta».

Lettere, studi per opere e trattati scientifici sulla componente psicologica dello sguardo offrono una rinnovata lettura delle idee e dell’operato del pittore, didatta e teorico, che arrivò a titolare alcuni suoi disegni con i nomi di siti archeologici centroamericani. Probabilmente, senza le grandi piramidi sacre del Messico, la serie degli «Omaggi al quadrato», con la loro sequenza di quadrati inscritti in progressivo ordine di grandezza in altri quadrati, secondo limpide regole di interazioni fra colori, non sarebbe esistita.

La civiltà Maya fu per Albers ciò che la scultura africana fu per i cubisti e gli espressionisti: la scoperta di un’arte primaria in cui identificarsi con consapevolezza moderna. Dal 1935 al 1967 Albers si recò numerose volte nel Messico dal Nord America con la moglie Anni, in viaggi vissuti come recupero di una purezza da cui attingere nuova arte.

Josef Albers, Variante/Adobe, Fronte Arancione (Variant/Adobe, Orange Front), 1948–58
 Olio su Masonite, 59,6 x 68,5 cm. 
Fondazione Solomon R. Guggenheim, Venezia. 
Donazione: The Josef and Anni Albers Foundation. In onore di Philip Rylands per il suo continuo impegno a favore della Collezione Peggy Guggenheim

Guglielmo Gigliotti, 02 maggio 2018 | © Riproduzione riservata

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Un Albers con radici Maya | Guglielmo Gigliotti

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