Ucraini in Spagna: mostra rifugio anti bombe

Al Museo Thyssen-Bornemisza una settantina di capolavori del Modernismo ucraino portati in salvo da Kiev. Il curatore e teorico dell’arte ucraina Konstantin Akinsha: «I quadri sono stati imballati durante gli attacchi aerei russi»

«Giostra» (1921) di Davyd Burliuk
Roberta Bosco |  | Madrid

A volte una mostra oltre a diffondere il patrimonio artistico e culturale di un Paese, può significare la salvezza per decine di opere d’arte. Lo ha spiegato a «Il Giornale dell’Arte», Konstantin Akinsha, curatore, insieme a Katia Denysova e Olena Kashuba-Volvach, della mostra «Nell’occhio del ciclone. Avanguardia in Ucraina 1900-1930», allestita dal 29 novembre al 30 aprile nel Museo Nacional Thyssen-Bornemisza. La rassegna presenta i grandi capolavori del Modernismo ucraino, conservati nel Museo Nazionale d’Arte dell’Ucraina (Namu) e nel Museo Statale di Teatro, Musica e Cinema di Kiev, di artisti come Mykhailo Boichuk e Anatoi Petrytski, insieme a dipinti di autori che hanno avuto forti legami con l’Ucraina, tra cui Malevic, Sonia Delaunay e El Lissitzky.

La mostra è stata organizzata in seguito allo scoppio della guerra con la Russia, ma lei lavora alla diffusione dell’arte ucraina e specialmente del Modernismo ucraino in Occidente da molti anni. Qual è la genesi di questo progetto?
Adesso risiedo negli Stati Uniti, ma ho vissuto molto anche in Italia e in altri Paesi europei, dove ho potuto appurare che il Modernismo ucraino è ancora in gran parte sconosciuto. Da tempo lavoro a una grande mostra su questo periodo, particolarmente fecondo nonostante il tragico contesto storico segnato dalla spietata repressione stalinista sull’intellighenzia ucraina, che portò all’esecuzione di decine di scrittori, registi teatrali e artisti, mentre la carestia uccideva quasi cinque milioni di persone. L’idea era inaugurarla nel Museo Ludwig di Budapest ma il costo delle assicurazioni rendeva proibitivo il progetto, che si è strasformato in un libro (In the Eye of Storm. Modernism in Ukraine, 1900-1930’s, edito da Thames & Hudson) pubblicato nel tempo record di tre mesi, tra marzo e maggio di quest’anno, anche grazie alla generosità di musei e collezionisti che non hanno richiesto il pagamento dei diritti di riproduzione.
«Abiti simultanei (tre donne, forme, colori)» (1925) di Sonia Delaunay
Una mostra come questa può significare la salvezza per decine di opere d’arte...
Dall’inizio della guerra ci siamo resi conto che non esisteva un piano per l’evacuazione e la salvaguarda delle opere e abbiamo moltiplicato i nostri sforzi. Il Namu sorge a fianco dei grandi centri istituzionali e decisionali, quindi ogni giorno era sempre più in pericolo. Il progetto è diventato una realtà grazie al coinvolgimento anche economico di Francesca Thyssen, fondatrice dell’iniziativa Museums for Ukraine, all’appoggio del presidente Zelensky e della direttrice del Namu, Yulia Lytvynets, che ha imballato i quadri sotto le bombe per tre giorni e tre notti, al lavoro svolto dal PinchukArtCentre e soprattutto dai colleghi ucraini nei rifugi, senza luce, in condizioni fisiche ed emotive estreme. L’ultimo scoglio l’abbiamo superato alla frontiera polacca, dove siamo rimasti bloccati quasi 24 ore mentre il Paese affrontava il più grande attacco missilistico dall’inizio della guerra. Questa mostra si propone di introdurre in Europa il Modernismo ucraino e ricollocare artisti che sono sempre stati considerati russi, offrendo una visione decoloniale ma non ultranazionalista e allo stesso tempo mettere in salvo una settantina di capolavori.

E dopo Madrid?
Da maggio a settembre presenteremo la mostra nel Museo Ludwig di Colonia, e poi se la guerra non sarà finita, cosa che spero davvero, sono sicuro che troveremo un’altra sede che l’accoglierà.

Il Modernismo ucraino fu un vero rinascimento artistico. Quali similitudini esistono tra la situazione dei primi del ’900 e quella attuale?
Oggi come allora la Russia occupa i territori e distrugge le opere d’arte e i libri per cancellare la loro cultura e la loro identità. I modernisti ucraini erano molto collegati alla scena artistica occidentale. Mykhailo Boichuk, che come molti suoi colleghi fu giustiziato nelle purghe staliniste, era stato varie volte a Parigi e conosceva bene Picasso. Sulla scia dei muralisti messicani, molti artisti viaggiavano per il Paese dipingendo affreschi che naturalmente furono distrutti, mentre la maggioranza delle opere furono confiscate e fatte sparire nei sotterranei del museo nazionale, da dove furono riscattate nel 1990 grazie alla Perestroika.
L’opera di Oleksandr Bohomazov «Affilando le seghe» (1927 ca) è presente nella mostra al Thyssen-Bornemisza
Questa guerra per l’identità e la cultura ucraina può nascondere una guerra per assicurarsi le materie prime del Paese?
In Italia continuo a percepire una certa simpatia per la Russia, ma la Russia attuale non ha niente a che vedere con l’Unione Sovietica né con una parvenza di democrazia: è un Paese capitalista, vampiro e fascista. Gli artisti e gli intellettuali russi non possono parlare né viaggiare, il Paese sta perdendo le sue menti migliori. Gli ucraini non solo lottano per la loro identità, ma per formare parte dell’Europa.

Come si articola la mostra?
La mostra ha uno sviluppo cronologico e comprende il lavoro dei principali maestri dell’avanguardia ucraina, come Oleksandr Bohomazov, Vasyl Yermilov, Viktor Palmov e Anatol Petrytskyi. Si tratta dello studio più completo sull’arte d’avanguardia ucraina fino ad oggi, che dimostra l’ampia gamma di stili e identità: dai dipinti neobizantini dei seguaci di Boichuk o le opere sperimentali dei membri della Kultur Lige, che hanno cercato di promuovere la loro visione dell’arte contemporanea ucraina e ebraica, alle opere di Malevic e El Lissitzky, artisti dell’avanguardia internazionale per eccellenza, che hanno operato in Ucraina e hanno lasciato un segno significativo nello sviluppo della scena artistica nazionale. Allo stesso modo, vengono presentati artisti di fama internazionale che sono nati e hanno iniziato la loro carriera in Ucraina, come Alexandra Exter e Sonia Delaunay.
Konstantin Akinsha di fronte ad «Abiti simultanei (tre donne, forme, colori)» (1925) di Sonia Delaunay

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