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Redazione GDA
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IL GIORNALE DELL'ARTE DI APRILE: TUTTO IN OMAGGIO ON LINE
La perdita di introiti per chi lavora nel mondo dell’arte non è parziale. È totale. Economia di guerra è un eufemismo: il restauro del campanile romanico a cento metri dalla nostra redazione reca la data del 1940. Almeno si restaurava. Certamente anche qualcosa d’altro. Adesso niente.
A differenza di un’alluvione o di un terremoto che distrugge tutto, tutto continua a esistere. Ma tutto è come morto. Immobilizzato e inaccessibile.
Potrà apparire assurdo, ma la copia del giornale che leggete sarà probabilmente, questo mese, una delle rarissime manifestazioni di attività «tangibili» del mondo dell’arte. Lo pubblichiamo forse irragionevolmente, in condizioni di assoluta non economicità, proprio come si sventola una bandiera. Per segnalare che c’è ancora vita, che la vita continua. Leggiamo appelli, suppliche, lunghi elenchi di richieste, liste circostanziate del fabbisogno. Tutto vero. L’arte vive di sovvenzioni.
Lo Stato appare l’unico soccorritore. In effetti non se ne possono immaginare altri. Ma è impensabile che uno Stato possa sostituirsi di colpo all’intera economia dell’intero Paese, che possa sovvenzionare milioni di persone e aziende disattivate di qualsiasi settore operativo o produttivo congelato, compreso anche il settore dell’arte (mica tanto micro). Noi alimentiamo il nostro Stato con le risorse del nostro lavoro. Con quale altro denaro lo Stato potrebbe darci ora il denaro che non produciamo e non gli diamo?
Lo Stato deve assicurare il pane quotidiano a milioni di persone rimaste prive di qualsiasi risorsa e di qualsiasi provento. Deve finanziare l’implacabile lotta contro la demoniaca malattia invisibile. Deve salvare migliaia di moribondi.
Perciò l’implorazione del mondo dell’arte non è sostenibile. L’unica richiesta seria e realistica, quel che possiamo (e dobbiamo) vigorosamente pretendere, è che il patrimonio artistico, chiuso e sigillato, sia mantenuto in condizioni di sicurezza assoluta. Infatti domani sarà proprio il patrimonio d’arte, di nuovo e sempre, la fonte di sopravvivenza per quanti potranno ancora sventolare la loro bandiera.
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