Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
.jpeg)
Flaminio Gualdoni
Leggi i suoi articoliDevo dire che all’inizio l’ho odiata un po’, la mostra di Hayez alle Gallerie d’Italia di Milano. Mica per altro. Tutte le mie mattine di Brera cominciavano con un saluto da vecchio amico ai suoi quadri e adesso vedo solo pareti un po’ desolate: il vecchio Laocoonte mi manca, e mica solo lui. Poi li ho perdonati, perché quando una mostra è seria bisogna fare il tifo. Sono andato a studiarmela e ho fatto dei pensieri. Un Bacio è melenso ma a pena si sopporta, tre son proprio troppi. Che sia l’opera più pop di Hayez è un fatto, che i miliardi di riproduzioni per ogni dove l’abbiano resa insopportabile un altro, ma le tre versioni qui allineate tutte insieme ti mandano dritto dritto in iperglicemia, con l’aiuto di un comunicato entusiasta dei cioccolatini che riesce a mescolare Hayez e Federico Moccia, per dire. Tra l’altro come non dare ragione al vecchio geniaccio Carrà, il quale diceva che la baciante/baciata pare proprio vestita di latta? Il secondo è che, alla lunga, il gran montatore di scene storiche e patriottiche, «l’artista più inoltrato nel sentimento dell’Ideale che è chiamato a governare tutti i lavori dell’Epoca», come diceva Mazzini, il padre della Patria la cui «ispirazione emana direttamente dal Popolo», il pegno alla retorica nazionale alla lunga lo paga.
Son macchine sapienti dipinte da uno che della pittura le sapeva tutte, e poi, per carità, Hayez era uno che al Risorgimento ci credeva davvero, ma fanno un po’ l’effetto dei vecchi sceneggiati in bianco e nero. Guardi questi teleroni, pensi alle date dei quadri di Courbet e ti senti un po’ male. Poi pensi che ai cugini spocchiosi è toccato Meissonier e i pompierismi assortiti, e ti dici che ci è andata benissimo.
Ma allora perché uno ama, e ama molto, Hayez? Perché, per dirne una, il giorno che desiderassi l’omaggio di un mazzo di fiori vorrei proprio quelli che dipingeva lui, mica altri. Perché, per dirne un’altra, lui era proprio il figlio spirituale di Canova, il quale parlando di Fidia commentava che «i nudi sono veri e bellissima carne».
Quando Hayez era giovane e studiava a Roma passava più tempo a desiderare le donne d’altri che a copiar roba al museo, e da buon veneziano aveva la passione per il grande nudo sensuale: e mica solo in pittura. E allora giù di bellissime carni, che appartengono alle Ruth e alle Tamar, a Susanna e a Betsabea, e, mentre la giovinetta fa una Meditazione sulla Patria sì bella e perduta, tu ne fai una tutta diversa, e ti dici che pittori di questa sgorgante naturale qualità in un secolo non ne nascono tanti. Hai voglia i Cabanel e i Bouguereau, che paion pasticceri senza ispirazione: Hayez è uno che su questo piano la gara la fa con Ingres, semmai, e va a finire al fotofinish.
Questo è l’Hayez che non invecchia e non devi starti a leggere titoli alla Wertmüller per capire in che pièce teatrale o in che opera letteraria ti ha portato. A parlare è la pittura, sontuosa, e basta.
Altri articoli dell'autore
Il Criptico d’arte • Conosciuto anche come Vasco dei Vasari, l’architetto italiano fu un personaggio anomalo: nonostante il suo contributo al Futurismo, indagò il modo in cui l’anarchia influenza l’arte
Il Criptico d’arte • La vicenda della Banana di Cattelan: da provocazione sul mercato a oggetto di gesti insensati e fuorvianti
A Milano una collettiva di 12 artisti omaggia in altrettante puntate il capoluogo culla della tecnica artigianale e artistica in grado di passare da generazione in generazione
La grande mostra sul movimento artistico voluta dall’ex ministro Sangiuliano in realtà arriva dopo settant’anni di studi specialistici sull’argomento. Ma l’Italia non è futurista