Tiziano Panconi racconta il suo Boldini al Mart

Esegesi di una grande mostra nel 90mo anno dalla morte del grande artista | Fotogalleria

Tiziano Panconi |  | Rovereto

La mostra anniversario «Giovanni Boldini, Il piacere» al museo Mart di Rovereto, prevista per lo scorso novembre e slittata a causa delle restrizioni anti Covid, è aperta fino al 29 agosto.

«Sera dell’11 gennaio (1931) a Parigi. Nella villetta rossa avvolta nelle nebbie del Boulevard Berthier, sinistro sotto il leggero nevischio, Giovanni Boldini si spegneva dolcemente. In quelle ultime ore egli ancora riusciva a far sorridere chi lo curava. Verso le dieci, una espressione di gravità nuova velò il volto stanco, ed il Maestro chiamò la giovane moglie. Inginocchiata accanto al letto, la signora appoggiò la guancia alla mano scarna che la cercava. Accarezzando i capelli della testa affranta il Maestro implorò: “Ne pleure pas, mon enfant... ho tanto vissuto... Non ho paura... non temere” – aprì i grandi occhi azzurri, e con voce alterata ma stranamente forte e risonante, aggiunse: "Quando sarò guarito ti comprerò un vestito nero... lungo e ti farò un ritratto grande… grande... così". Poche ore dopo Giovanni Boldini moriva serenamente, senza sforzo, con una certa eleganza di uomo che fa bene ogni cosa a suo tempo. Quell’eleganza semplice e naturale con cui aveva vissuto. Il grande studio dove Boldini aveva lavorato per oltre mezzo secolo era ingombro di tele, di oggetti d’arte, di mobili, di cartelle e di disegni».

Scriveva il critico Diego Martelli: «La sua pittura è un tale ammasso di lasciato e di fatto, di falso e di vero, che bisogna prenderlo com’è. […] E non si può dire che quando siete davanti a un suo lavoro, possiate non guardarlo, egli affascina, vi corbella, vi mette il capo sottosopra; sentite che quella faccenda che avete sotto gli occhi è una profanazione della vostra divinità, ma purtuttavia ci trovate gusto, lo gnomo vi inviluppa, vi sbalordisce, vi incanta, le vostre teorie se ne vanno, ed egli ha vinto».

Questo è per me Boldini, cioè una intrigante, complessa, inesauribile fonte di piacere e culto. Il quotidiano compagno di studi che non si conosce mai abbastanza, che non svela mai fino in fondo i segreti del suo antico mestiere di pittore, costringendoci a vivere nell’impaziente attesa del momento in cui intraprendere con lui una nuova avventura: un libro, un convegno o, ancora una volta, una grande mostra (la quinta per me), per poterlo vedere, toccare, capire.

Quest’anno ricorre il novantesimo anniversario della sua morte e così, come due amanti innamorati della stessa donna, mi sono ritrovato a parlare di lui con un altro ferrarese doc, Vittorio Sgarbi, condividendo intimamente l’idea che il grande artista, vissuto in Francia per sessant’anni, non si sentisse poi così francese.

Anche Parigi infatti, dopo il Mart, celebrerà Boldini con un’importante rassegna al Petit Palais dal titolo «Giovanni Boldini. Les plaisirs et les jours», associando il suo nome a quello di una raccolta di scritti di Marcel Proust, nato nel 1871, anno in cui il pittore, quasi trentenne, si trasferì a Parigi. Perché allora, ci siamo detti, non collegarlo, come sarebbe stato più naturale, a d’Annunzio, classe 1863, autore de Il Piacere. Romanzo di passioni e tradimenti, ambientato nei salotti aristocratici e controversi della Roma di fine Ottocento, è l’emblema stesso del decadentismo e dell’estetismo, dei quali sono permeate le tele e le pagine dei due famosi autori.

Se sul versante letterario fu infatti nel 1889, con la pubblicazione de Il Piacere, che Mastro don Gesualdo, e con lui il Verismo di Verga, morirono, idealmente, fra le braccia del giovane aristocratico abruzzese protagonista del romanzo Andrea Sperelli, su quello pittorico Boldini, con circa un decennio di anticipo, aveva aperto la strada all’estetismo e al fascino decadente delle sue donne cerulee, seppellendo, per lo meno sul proscenio internazionale, il realismo dei Macchiaioli.

Nell’Italia degli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento arte e letteratura  intrapresero quella che più tardi Croce definì «la grande conversazione», partecipando alla quale gli autori avevano circoscritto i propri perimetri d’indagine agli orizzonti domestici della provincia con i suoi costumi regionali e le sue peculiarità locali che, in reciproco dialogo, definivano il quadro culturale ed estetico dell’Italia post-unitaria.

D’Annunzio ambientò La pioggia nel pineto (1902) in Toscana, dove aveva abitato anche Boldini e dove trascorse parte della propria vita, inizialmente a Prato nell’adolescenza, conoscendovi il primo amore Giselda Zucconi, e poi a Settignano, nella sfarzosa villa La Capponcina a fine e inizio secolo, epicentro di sodalizi artistici e crocevia di pittori, scultori e letterati. Da lì l’esodo verso la Francia, dove dal 1910 al 1915 si rifugiò per sfuggire ai debitori. Boldini, sostiene Sgarbi, «fu il primo pittore italiano a tornare europeo, a poter sostenere, ben più di Hayez rispetto a Delacroix o di Fattori rispetto a Courbet, il confronto alla pari con gli artisti della sua generazione».

Così ecco una nuova grande mostra antologica: dopo oltre un anno di preparativi, saranno esposti quasi 170 dipinti, provenienti da musei e collezioni private italiane, per rappresentare l’intero percorso artistico del pittore, a partire dagli anni giovanili a Ferrara, proseguendo nel viaggio dell’arte e della vita, tra Firenze, Londra e Parigi.

L’esposizione, nata da un’idea di Vittorio Sgarbi, è promossa da Mart, dall’assessorato alla cultura della Città di Ferrara, dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Museo Giovanni Boldini di Ferrara, sotto l’egida del Comitato di studio per le celebrazioni del novantesimo anno dalla morte di Giovanni Boldini. Questa mostra costituisce un omaggio all’italianità di Boldini, che all’epoca dell’arrivo a Parigi non era un pittore esordiente ma già un grande maestro, essendo stato il principale interprete dell’ammodernamento della ritrattistica internazionale degli anni sessanta.

Boldini fu il geniale capostipite della generazione dei pittori cosiddetti à la mode. Giunse a Parigi nel 1871 e creò uno stile nuovo e irresistibile, segnando, per lo meno in seno alle arti figurative, la data di inizio della Belle Epoque che, in senso estetico e figurato, sbocciava, deflagrava e concludeva la propria parabola, parallelamente alle rappresentazioni «frementi» e palpitanti di vita, del peintre italien de Paris.

Una mostra monografica e tematica al contempo che propone una sceltissima selezione di confronti, come il «Ritratto di Gabriele d’Annunzio» di Arturo Rietti o quello della moglie «Maria Hardouin d’Annunzio», figlia del duca Giulio di Gallese e di Natalia Lezzani, principessa di Montenevoso, firmato da Antonio de La Gandara. Accompagnato da un saggio di Giordano Bruno Guerri, sarà esposto anche il manoscritto originale de Il Piacere, ricchissimo di note, chiose e annotazioni che non trovarono posto nella edizione definitiva stampata dai Fratelli Treves.

Poi ancora gli straordinari ritratti di Boldini eseguiti da Edgar Degas, quelli dell’amico Paul César Helleu, di Alfred Stevens e di Vittorio Matteo Corcos o «La raccolta delle zucche» di Francesco Paolo Michetti, fraterno amico del poeta, nella cui casa di Francavilla al Mare scrisse il celebre romanzo.

Nella quasi interminabile galleria di immagini spiccano alcuni autentici capolavori del piccolo genio ferrarese come «Il generale spagnolo», «Berthe che legge la dedica su un ventaglio», «La contessa Gabrielle de Rasty sul divano», i due ritratti a olio di Madame Veil-Picard, l’iconico ritratto della «Marchesa Luisa Casati con piume di pavone», «La passeggiata al Bois de Boulogne (o I coniugi Lydig)», «Lo strillone», «La tenda rossa», «Giovane donna in déshabillé», «Nudo sdraiato», «Il pianista Rey Colaço», «La contessa de Leusse» e molti, molti altri ancora.

Catalogo a cura di Tiziano Panconi e Beatrice Avanzi, con introduzione di Vittorio Sgarbi e contributi critici di Pietro Di Natale, Elena Di Raddo, Leonardo Ghiglia, Giordano Bruno Guerri, Leo Lecci, Marina Mattei, Gioia Mori, Lucio Scardino, apparati di Ilaria Cimonetti e schede bibliografiche di Vittoria Meoni.

© Riproduzione riservata Giovanni Boldini, «Ritratto del piccolo Subercaseaux», 1891 (particolare). Museo Giovanni Boldini, Ferrara Giovanni Boldini, «La contessa De Leusse», 1889-1890 (particolare). Museo Giovanni Boldini, Ferrara Giovanni Boldini, «Il bar delle Folies Bergères», 1885 ca. Collezione privata. Courtesy Enrico Gallerie d’arte Giovanni Boldini, «Autoritratto», 1911 (particolare). Museo Giovanni Boldini, Ferrara Giovanni Boldini, «La passeggiata al Bois de Boulogne», 1909 ca (particolare). Museo Giovanni Boldini, Ferrara Giovanni Boldini, «La principessa Eulalia di Spagna», 1898 (particolare). Museo Giovanni Boldini, Ferrara Giovanni Boldini, «Berthe che legge la dedica su un ventaglio», 1878 (particolare). Collezione privata Giovanni Boldini, «Ritratto di Madame Veil-Picard», 1897 (particolare). Collezione privata Giovanni Boldini, «La marchesa Luisa Casati con piume di pavone», 1911-13. Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma Giovanni Boldini, «Ritratto di signora», 1904 ca (particolare). Gam - Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea, Torino Giovanni Boldini, «Ritratto di Antonio Starrabba, marchese di Rudinì», 1898. Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo Giovanni Boldini, «La treccia bionda», 1891 ca (particolare). Galleria d'Arte Moderna, Milano Giovanni Boldini, «Il Cardinale del Bernini nella camera del Pittore», 1899 ca (particolare). Museo Giovanni Boldini, Ferrara Giovanni Boldini, «La signora in rosa», 1916 (particolare). Museo Giovanni Boldini, Ferrara Giovanni Boldini, «Ritratto della signora Hugo e suo figlio», 1898 (particolare). Collezione privata. Courtesy Massimo Vecchia Giovanni Boldini, «Ritratto di Madame Veil-Picard», 1897 (particolare). Collezione privata Giovanni Boldini, «La signorina Concha de Ossa», 1888 (particolare). Collezione privata. Courtesy Enrico Gallerie d’arte Giovanni Boldini, «I funerali di lusso», 1894. Museo Giovanni Boldini, Ferrara Giovanni Boldini, «Donna in nero che guarda il “Pastello della signora Emiliana Concha de Ossa”», 1888 ca. Museo Giovanni Boldini, Ferrara Giovanni Boldini, «La contessa de Rasty coricata», 1880 ca. Collezione privata, courtesy Massimo Vecchia Giovanni Boldini, «Miss Bell», 1903 (particolare). Raccolte Frugone - Musei di Nervi, Genova Giovanni Boldini, Giovane donna in déshabillé (La toilette), 1880 ca (particolare). Collezione privata Giovanni Boldini, «Fuoco d'artificio», 1890 ca (particolare). Museo Giovanni Boldini, Ferrara Giovanni Boldini, «Giovane donna in déshabillé (La toilette)», 1880 ca. Collezione privata Giovanni Boldini, «Miss Bell», 1903. Raccolte Frugone - Musei di Nervi, Genova Giovanni Boldini, «La signorina Concha de Ossa», 1888. Collezione privata. Courtesy Enrico Gallerie d’arte Giovanni Boldini, «La treccia bionda», 1891 ca. Galleria d'Arte Moderna, Milano Giovanni Boldini, «Ritratto di signora», 1904 ca. Gam - Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea, Torino Giovanni Boldini, «La principessa Eulalia di Spagna», 1898. Museo Giovanni Boldini, Ferrara Giovanni Boldini, «La signora in rosa», 1916. Museo Giovanni Boldini, Ferrara Giovanni Boldini, «Fuoco d'artificio», 1890 ca. Museo Giovanni Boldini, Ferrara Giovanni Boldini, «Ritratto del piccolo Subercaseaux», 1891. Museo Giovanni Boldini, Ferrara Giovanni Boldini, «Ritratto di Madame Veil-Picard», 1897. Collezione privata Giovanni Boldini, «La contessa De Leusse», 1889-1890. Museo Giovanni Boldini, Ferrara
Calendario Mostre
Altri articoli di Tiziano Panconi