Termini in cantiere
A Pistoia il Museo del Novecento e del Contemporaneo Palazzo Fabroni dedica una mostra a Giovanni Termini a cura di Marco Bazzini

Parte di un ciclo di iniziative rivolte alla generazione di artisti nati negli anni Settanta, dal 3 ottobre al 28 novembre il Museo del Novecento e del Contemporaneo Palazzo Fabroni dedica una mostra a Giovanni Termini a cura di Marco Bazzini.
Al centro della ricerca di Termini sono i cantieri, e luoghi di costruzione e distruzione, densi di una simbologia di lunga tradizione, luogo fisico ma anche mentale. I suoi lavori, concepiti assemblando tubi di impalcature, ferri zincati, fasce in nylon e che modificano anche gli ambienti in cui sono collocati, recano echi del costruttivismo russo, ma anche dei futuristi e perfino, nota Bruno Corà, delle esperienze assemblative di Picasso, di Schwitters, Rauschenberg o Kounellis.
La mostra, realizzata con il sostegno e la collaborazione del Comune di Pistoia - Palazzo Fabroni e il contributo di Chianti Banca, segue lo sviluppo del percorso espressivo di Termini nel corso di circa un ventennio fin all’oggi, con alcuni lavori pensati proprio per l’architettura e gli spazi di Palazzo Fabroni. Il titolo «Da quale pulpito» (catalogo Gli Ori), rimanda a quello medievale di Giovanni Pisano, conservato nell’antistante Pieve di Sant’Andrea, capolavoro della cultura gotica in Italia, e quindi all’idea di un dialogo più diretto, di una forma di comunicazione ben diversa dalla smaterializzazione contemporanea.
Un’interrogazione, a partire da una forma come quella del pulpito, su che cosa significhi «fare» scultura, oggi in una città quale Pistoia (patria, peraltro, di Marino Marini), la cui fisionomia è da secoli così fortemente legata a quel tipo di espressione artistica.