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Elisabetta Sirani (Bologna 1638-65), «Allegoria della pittura» (autoritratto?), 1658, Mosca, Museo Pushkin

Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliElisabetta Sirani (Bologna, 1638-65), scomparsa a soli 27 anni, è definita dal biografo Carlo Cesare Malvasia «prodigio dell’arte, la gloria del sesso donnesco, la gemma d’Italia, il sole della Europa», capace di esprimersi con «leggiadria senza stento» e «grazia senza affettazione».
La mostra «Dipingere e disegnare “da gran maestro”: il talento di Elisabetta Sirani» (fino al 10 giugno), a cura di Roberta Aliventi e Laura Da Rin Bettina, allestita agli Uffizi, riunisce 33 opere di raccolte italiane, pubbliche e private, eccezion fatta per l’«Autoritratto come Allegoria della Pittura» del Museo Pushkin di Mosca, offrendo un confronto tra pittura, disegni (degli Uffizi), molti a pietra nera e inchiostro diluito, e le acqueforti (come la «Mater Dolorosa»).
Suadente e affettuosa nei soggetti religiosi, la Sirani affronta con disinvoltura i temi allegorici (a lei noti grazie alla biblioteca del padre Giovanni Andrea, già allievo di Guido Reni), dalla spigliata ed elegante «Galatea» fino a «Porzia», dove rappresenta il momento in cui l’eroina si ferisce e non quello del suicidio.
Molto introdotta nell’élite culturale bolognese, intreccia relazioni con la corte medicea, col cardinale Leopoldo e con Cosimo III, alle cui nozze è dedicato l’«Amorino trionfante in mare (Amorino Medici)» del 1661.

Elisabetta Sirani (Bologna 1638-65), «Allegoria della pittura» (autoritratto?), 1658, Mosca, Museo Pushkin