Cola dellAmatrice, Pala di San Vittore (Madonna con il Bambino in trono e i santi Vittore, Eustachio, Andrea e Cristanziano), Museo Diocesano, Ascoli Piceno

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Cola dellAmatrice, Pala di San Vittore (Madonna con il Bambino in trono e i santi Vittore, Eustachio, Andrea e Cristanziano), Museo Diocesano, Ascoli Piceno

Stordito da Raffaello

Una mostra ad Ascoli Piceno e un volume monografico richiamano l’attenzione su Cola dell’Amatrice

Vide e comprese Raffaello, e non fu bizzarro, provinciale, selvatico, perfino rozzo com’è stato descritto Nicola Filotesio detto Cola dell’Amatrice, nato intorno al 1480 nella cittadina oggi nel reatino e morto ad Ascoli entro il 1553. Pittore e architetto, girovago tra Marche e Abruzzo, lo scavo nel suo lavoro e nei documenti rivela un artista complesso, con fasi qualitative alterne, e uno spartiacque: a Roma nel 1512-13 Cola vide gli affreschi di Raffaello nella Stanza della Segnatura in Vaticano, capì e virò quella rivoluzione su un linguaggio personale.

È la tesi che propugna la mostra «Cola dell’Amatrice. Da Pinturicchio a Raffaello» ai Musei Civici di Ascoli Piceno dal 17 marzo al 15 luglio, sostenuta parallelamente dalla monografia firmata da Luca Pezzuto Cola dell’Amatrice pittore. I giorni di Roma, gli anni dell’Appennino (216 pp., ill., Officina Libraria, Milano 2018, € 19,90). Curano la rassegna Stefano Papetti, direttore delle raccolte della città marchigiana, e lo stesso Pezzuto, docente di Storia dell’arte moderna all’Aquila.

La rassegna si inscrive nel ciclo espositivo «Mostrare le Marche» promosso dalla Regione con opere da luoghi chiusi a causa del terremoto. «Due dipinti in mostra ad Ascoli esemplificano il prima e il dopo l’incontro con l’opera di Raffaello, interviene Pezzuto. Negli sportelli, del 1508 circa, dal Museo dell’abbazia di Farfa con san Lorenzo Siro e Tommaso di Morienna vediamo i suoi esordi, nella scia di Antoniazzo e dei grandi capocantieri umbri. Invece nella Pala di San Vittore del 1514, inclusa nella mostra dell’anno scorso “Facciamo presto” agli Uffizi, incontriamo il Cola successivo. Il profeta Giona di Raffaello, che diventa sant’Andrea nel dipinto, è frutto di una visione diretta e non mediata della Cappella Chigi in Santa Maria della Pace». Quel santo, osserva lo studioso, non derivava dall’Aristotele della Stanza della Segnatura come pensava brillantemente Federico Zeri, il primo a riscoprire Cola. «I panneggi slargati, la nuova monumentalità e un fare più veloce ci raccontano della sua “rustica maniera”».

Richiamare nel titolo Pinturicchio e Raffaello, per lo storico dell’arte che da anni studia Cola, «da un lato è un invito per non specialisti, dall’altro indica il percorso di un artista partito giovanissimo da pittori come Antoniazzo Romano, Perugino e Pinturicchio, cioè dal protoclassicismo dolce degli umbri. Ma, dopo aver visto la Stanza della Segnatura dal vero, torna ad Ascoli stordito e cambiato e si fa testa di ponte del raffaellismo lungo la via Salaria».

Con un linguaggio limpido e vivace, nell’approfondita monografia come nella mostra, Pezzuto incita a «guardare con occhi nuovi un artista in parte frainteso. Dai documenti emerge che arrivò a Roma nel 1512; nel libro chiarisco che non fu un anticlassico, perché non c’era allora un canone classico da rifiutare (il Raffaello del 1510 era la rivoluzione, non il canone) e un rifiuto non ci fu mai».

L’esposizione presenta anche un’opera dell’artista appena restaurata: il tondo con la «Sacra Famiglia e i santi Francesco e Giovannino» del Munda-Museo Nazionale d’Abruzzo dell’Aquila e in cura all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Tra i pezzi esposti figurano l’«Assunzione della Vergine» (1516) di Cola dalla Pinacoteca Vaticana, il «Gonfalone di sant’Agostino» di Pinturicchio e il «Gonfalone della Giustizia» di Perugino, entrambi dalla Galleria Nazionale dell’Umbria, oltre a disegni e stampe di Filippino Lippi, Luca Signorelli, Raffaello e Marcantonio Raimondi.

Intanto il Museo Civico Nicola Filotesio di Amatrice, molto danneggiato dal terremoto del 2016, è tra i 25 siti e monumenti selezionati dal World Monuments Fund di New York per il loro valore storico e monumentale. Per due anni il museo sarà oggetto di iniziative tese alla valorizzazione degli interventi di messa in sicurezza e ricostruzione, nonché di promozione delle attività museali connesse.

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Stefano Miliani, 13 marzo 2018 | © Riproduzione riservata

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