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Santiago Sierra e Marco Scotini davanti ad un’opera della mostra «LA VORÁGINE», 2024, alla Prometeo Gallery Ida Pisani, Milano. Cortesia dell’artista e Prometeo Gallery Ida Pisani, Milano-Lucca. Foto Filippo Ferrarese

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Santiago Sierra e Marco Scotini davanti ad un’opera della mostra «LA VORÁGINE», 2024, alla Prometeo Gallery Ida Pisani, Milano. Cortesia dell’artista e Prometeo Gallery Ida Pisani, Milano-Lucca. Foto Filippo Ferrarese

Sierra e gli inganni moderni

La mostra milanese dell’artista spagnolo è un pugno allo stomaco che riesce a coniugare valenza estetica e tematiche sociopolitiche

Francesca Interlenghi

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Si intitola «LA VORÁGINE» la personale di Santiago Sierra (Madrid, 1966) che Prometeo Gallery Ida Pisani ospita sino al prossimo 8 marzo. Da sempre interessato a svelare le reti perverse di potere che suscitano l’alienazione e lo sfruttamento dei lavoratori, con la sua ricerca l’artista metta a nudo la vera natura della teoria neoliberista, dietro la cui maschera di benevolenza infarcita di ideologie, libertà, indipendenza, scelte e diritti, si nasconde l’amara realtà della restaurazione del potere di classe, a livello locale e transnazionale. Il progetto espositivo raccoglie due opere, che occupano entrambi gli spazi della galleria. «Los Embarrados» (2022) è un insieme di foto e disegni di un ambiente concepito come scenografia per un fashion show di un noto brand del lusso di origine spagnola, allestito in Francia nell’ottobre 2022.
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Per l’evento, Sierra aveva proposto una nuova versione dell’installazione «House in Mud», realizzato alla Kestnergesellschaft di Hannover nel 2005.
In quell’occasione, il piano terra dell’istituzione tedesca era stato interamente ricoperto con 320 metri cubi di terra (55 di fango e 265 di torba), come se fossero estratti dal sedimento del vicino lago Maschsee, in ricordo degli anni tra il 1934-36 quando il bacino d’acqua fu creato per porre rimedio alla disoccupazione di massa. Il regime nazista per l’occasione aveva radunato 1.650 lavoratori improvvisati offrendo loro un impiego, che nulla avrebbe prodotto se non la celebrazione del lavoro servile. «The Maelström»(2023) è invece un loop di 30 minuti che accompagna un nuovo video in bianco e nero girato in Gambia nel maggio 2023. Le immagini in movimento mostrano 48 giovani della locale squadra di calcio Tallinding United, che ripetono le posizioni di arresto poliziesche come fossero esercizi di allenamento, reiterando le azioni dei primi 2.000 detenuti imprigionati nell’enorme carcere di Tecoluca, nel Salvador.
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«Era da molti anni che non lavoravo con Sierra, spiega Marco Scotini, autore del testo critico che accompagna la mostra, ed è stato molto importante tornare a collaborare, perché secondo me tanti aspetti della sua ricerca, che potevano sembrare contraddittori fino a qualche anno fa, non erano solo premesse nefaste ma hanno dimostrato che il mondo sta andando proprio nella direzione da lui ipotizzata. La scelta di soli due lavori è stata molto seria e meditata. Quello fruibile al piano inferiore della galleria, apparentemente gioioso, è in realtà un video allucinato e assolutamente sconfortante. La colonna sonora, una sorta di mantra ripetuto all’infinito, è il discorso razzista pronunciato dal portavoce spagnolo dell’Unione Europea Josep Borrell. L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, il 13 ottobre 2022 in occasione dell’inaugurazione della nuova Accademia Diplomatica Europea a Bruges, paragonava l’Europa a un giardino e il resto del mondo a una giungla. Questo soundtrack, unito alle immagini dei giovani di colore che imitano i gesti di oppressione dei carcerati in Salvador, di quello che potrebbe definirsi un nuovo lager, genera una combinazione veramente molto potente e molto cattiva, alla maniera di Sierra».
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La mostra dà conto dei temi portanti dell’indagine dell’artista: una continua messa in questione del fatto che le idee dominanti debbano essere quelle di una classe dominante, dell’élite economica e finanziaria, che promuove una sorta di pensiero unico e spaventosamente egemonico. «Pur connotandosi per la valenza estetica molto accentuata, entrambi i lavori non mettono in scena un’estetizzazione del politico. È una denuncia sottile quella di Sierra, non c’è rumore, e forse proprio per questo è ancora più forte, ancora più capace di rimarcare quell’assunto che dà il titolo al mio testo: Sotto la modernità, l’odio».

Francesca Interlenghi, 22 gennaio 2024 | © Riproduzione riservata

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