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Sekhmet da Torino a Pompei

Carlo Avvisati

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Le sette colossali statue di Sekhmet, dea guerriera dalla testa leonina, figlia di Ra, poste nello spazio della Palestra Grande degli scavi di Pompei per la mostra «Egitto-Pompei» (fino al 2 novembre), più la statua seduta del faraone Tutmosi I, per la prima volta fuori dai depositi del Museo Egizio di Torino, si inseriscono perfettamente nella scenografia immaginata da Francesco Venezia per questa esposizione, a cura di Massimo Osanna e Marco Fabbri con Simon Connor, che racconta culti e legami tra il mondo egizio e quello romano nel I secolo d.C.

Tuttavia, quella che appare di grande rilievo è l’installazione di «Studio Azzurro» che chiude il percorso nella Palestra. Su un tavolo in legno, largo un metro e lungo sette, quattro proiettori sincronizzati rimandano immagini orizzontali realizzate con la tecnica del disegno su sabbia. Chi si muove vicino ai lati lunghi del tavolo, vedrà proiettate su questa sorta di «convivio» le immagini e le informazioni su Iside e sui miti che l’accompagnano. C’è anche un «percorso egizio» che parte dal Tempio di Iside, interessato da un intervento multimediale di realtà immersiva, e si muove attraverso le numerose domus che riportano motivi decorativi egittizzanti, come quella di Loreio Tiburtino e Villa dei Misteri.

Carlo Avvisati, 11 maggio 2016 | © Riproduzione riservata

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Sekhmet da Torino a Pompei | Carlo Avvisati

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