Matthias Schaller è un tedesco bavarese innamorato dell’Italia, dove vive, ha studiato e più volte esposto in mostre personali e collettive, come la Biennale di Venezia.
Dalle sue serie più note («Disportraits», «Purple Desk», «Echo Chamber», «Lagoon Waltz», «Antonio Canova», «The Mill» e «The Masterpiece»), l’antologica «Ritratto: fotografie di Matthias Schaller» al Nrw Forum di Düsseldorf (fino al 22 maggio) ha selezionato circa 100 opere che affrontano il tema dell’assenza, il motivo di base del suo lavoro fotografico.
Schaller ritrae le persone in maniera indiretta, gli studi, gli uffici in cui si muovono, i costumi e le divise che indossano privi di loro, della loro corporeità. L’obiettivo cattura la loro mancanza in oggetti e ambienti d’uso quotidiano senza mai svelarci l’utente, non il viso, non il suo corpo.
Un «vedo/non vedo» che stuzzica la curiosità del pubblico, la sua fantasia e la capacità d’investigare, e intanto rivela la sconfinata curiosità di Schaller per il mondo, le persone e l’arte.
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