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San Pietroburgo come Palmira: patrimonio in pericolo

Sophia Kishkovsky

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L’appello del direttore dell’Ermitage per ricostruire l’antica città siriana

Il direttore del Museo dell’Ermitage Mikhail Piotrovskij afferma che, sebbene la distruzione di Palmira avvenuta lo scorso anno per mano dei militanti dell’Isis potesse essere evitata, il museo di San Pietroburgo è in grado di contribuire alla ricostruzione dell’antica città. Esperto del mondo arabo, Piotrovskij, che visitò per la prima volta Palmira negli anni Settanta, sostiene che i musei di tutto il mondo si stanno preparando «per il momento in cui sarà possibile far risorgere Palmira».

L’Ermitage per ora è impegnato, in veste non ufficiale insieme a enti di pari livello, per raccogliere fotografie, incisioni e altri materiali d’archivio che riproducano l’antica città da ogni possibile angolazione. Con la sua campagna Piotrovskij non si limita alla sola Palmira, ma parla apertamente del destino del patrimonio culturale di Afghanistan, Iraq, Mali e Yemen. «Oggi, in modo inaspettato, tutta la cultura è in pericolo», ha affermato in un dibattito tenutosi a dicembre.

L’Ermitage ha in programma per questo mese una giornata dedicata allo Yemen, con esposizioni tematiche, proiezioni di filmati e conferenze, per sensibilizzare il pubblico sul tema della distruzione di monumenti yemeniti da parte dei bombardamenti sauditi. È prevista la partecipazione all’evento di altri quindici musei di livello internazionale, tra cui Louvre, British Museum e Metropolitan Museum of Art. Sempre ad aprile è prevista l’inaugurazione della mostra fotografica dedicata alla Siria del fotografo russo Alexander Dymnikov, le cui immagini saranno presentate nell’ambito della ricostruzione virtuale dei siti di Palmira andati distrutti, tra cui il Tempio di Bel e l’Arco di Trionfo. 

Molti musei diffidano delle mostre di grande portata dedicate al patrimonio siriano, osserva Piotrovskij. Il trasferimento dei reperti dai loro luoghi di origine infatti resta un tema delicato.

L’Ermitage è uno dei pochi musei ad avere una galleria dedicata a Palmira. I reperti di proprietà del museo stesso includono alcune tessere musive, una tariffa doganale, rilievi funerari, tutti in ottime condizioni (fanno parte della collezione anche una serie di acqueforti delle rovine di Palmira, opera di autore anonimo, pubblicate dallo stampatore inglese Robert Sayer nel 1756). Se all’epoca quegli oggetti «non fossero stati portati da Palmira a San Pietroburgo, non esisterebbero più», aggiunge Piotrovskij, il cui contratto presso il museo è stato recentemente prorogato di quattro anni.

Piotrovskij si è impegnato nella campagna a favore dell’adozione a livello internazionale della dichiarazione dei diritti della cultura, promossa dal defunto Dmitry Likhachev, accademico e attivista per la conservazione del patrimonio culturale nell’era sovietica. Dichiarazione che sostiene la causa della protezione del patrimonio culturale in periodo di guerra e chiede di inserire la distruzione dei monumenti tra i crimini contro l’umanità. Nel corso della storia il patrimonio culturale ha sofferto per un ininterrotto ciclo di violenza, ma oggi molti, secondo Piotrovskij, stanno perdendo le speranze.

«La cultura antica è stata distrutta dai cristiani e ci è voluto il Rinascimento per rimetterla insieme, pezzo per pezzo, afferma il direttore dell’Ermitage. Proprio ora, la comprensione della sacralità della cultura sta venendo meno ovunque». 

Piotrovskij è convinto che San Pietroburgo abbia un legame spirituale con Palmira. Non a caso, fin dal XVIII secolo la città russa è stata descritta come «la Palmira del Nord». Entrambe «sono sorte in luoghi in cui le città di solito non sorgono»: San Pietroburgo in una zona paludosa, Palmira in un deserto. Il direttore del museo considera la ricostruzione postbellica dei palazzi imperiali di San Pietroburgo, resa possibile dalla conservazione di illustrazioni e altri documenti, come una prova che Palmira può essere ricostruita. «Palmira è un vero e proprio miracolo», dice e parla delle sue visite nella città tra gli anni Settanta e Novanta come di «un pellegrinaggio in un luogo santo».

Sophia Kishkovsky, 01 aprile 2016 | © Riproduzione riservata

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