Silvano Manganaro
Leggi i suoi articoliClasse 1983, greco di stanza a Berlino, Yorgos Stamkopoulos porta la sua pittura da Mario Iannelli fino al 31 marzo passando, però, per la prima volta, dalla tela al muro. Questa nuova ricerca porta l’artista a dar vita a una vera e propria installazione concepita per lo spazio che la ospita.
Barre in acciaio di 14 mm da lui piegate e trasformate in linee che da terra si librano verso l’alto creano un ambiente immersivo e straniante. Questi «filamenti» non sono però qualcosa di estraneo, sembrano piuttosto la tridimensionalizzazione dei segni che Stamkopoulos traccia sulla tela all’inizio di ogni suo lavoro. La sua pittura, così vicina ai decollage, traslata su muro si trasforma in qualcosa di nuovo, soprattutto, come fa notare Lorenzo Bruni, curatore della mostra, in una città come Roma.
Qui, inevitabilmente, emergono associazioni che hanno un profondo rapporto con la storia: il rimando agli affreschi antichi e ai lacerti dei tag dei graffitisti metropolitani, il rapporto tra pura decorazione e opera d’arte totale, l’equilibrio tra sfondo e oggetto in primo piano (questione tutta novecentesca) e l’opposizione alla concezione rinascimentale del dipinto come finestra sul mondo.
Questo rapporto con Roma, o comunque con il contesto cittadino, è sottolineato anche dalla scelta dei colori, dal momento che l’artista ha prediletto per la sua «tavolozza» i timbri cromatici che si scorgono dalle finestre della galleria. Completa la mostra una serie di disegni su carta.
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