Roma vista da Pompei, Pompei vista da Roma

Mario Torelli in 200 opere aveva delineato i tratti distintivi dei due centri urbani nell’antichità

Parete in stucco policromo (62-79 d.C.) da Pompei, Casa di Meleagro, tablino 8, parete est (Napoli, Museo Archeologico Nazionale). Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo. Museo Archeologico Nazionale, Napoli, Archivio fotografico, fotografia di Luigi Spina
Arianna Antoniutti |  | ROMA

«Pompei 79 d.C. Una storia romana» è il titolo della mostra che il Colosseo ospita fino al 9 maggio. La curatela dell’esposizione, che racconta Pompei attraverso le complesse fasi del suo rapporto con Roma, è di Mario Torelli, il grande archeologo scomparso il 15 settembre scorso. Abbiamo chiesto ad Alfonsina Russo, direttrice del Parco archeologico del Colosseo, qual è il lascito intellettuale e morale di Torelli, e di illustrarci le finalità dell’esposizione, la cui duplice prospettiva consente di vedere Roma da Pompei e Pompei da Roma.

«È stato più di un archeologo, una grande figura di intellettuale, uno dei primi a fare dell’archeologia una “scienza”, sapendola trasmettere come motore di “conoscenza”. La capacità di far coesistere queste due anime è arrivata come insegnamento imprescindibile per varie generazioni di studenti che hanno seguito le sue lezioni. Il suo insegnamento mi ha accompagnato negli anni della formazione e mi ha trasmesso, oltre a una grande passione per l’archeologia, il valore storico e antropologico della cultura classica.

Un maestro che ci lascia un’immensa eredità culturale, che è nostro compito tutelare e diffondere.
L’intento espositivo della mostra, utilizzando le parole di Torelli, non è quello di “un astratto confronto tra Roma e Pompei, impossibile e soprattutto insensato: sarebbe come confrontare, sempre astrattamente, New York o Pechino (o anche Città del Messico) con un piccolo centro della vecchia Europa”.

Lo scopo è semmai quello di riconoscere e delineare, nel lungo periodo della storia che comunque ha legato le due città, i tratti caratteristici e distintivi dei due centri urbani, rintracciabili nelle relazioni economico-sociali e culturali, perfettamente documentabili attraverso l’archeologia. Le circa 200 opere in mostra illustrano questo dialogo e fanno emergere la specificità pompeiana prima e il suo allineamento con Roma poi
».

I reperti selezionati, affreschi, avori, bronzi, statue, delineano tre momenti della storia di Pompei: l’alleanza con Roma nel IV secolo a.C., la trasformazione in colonia nell’89 a.C. (in seguito alla guerra sociale che vede contrapposta Roma agli alleati italici) e infine il declino della città, segnata prima dal terremoto del 62 d.C. e poi cancellata dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.

Di ognuna di queste fasi vengono presentati in mostra i risvolti nella vita sociale e culturale: il commercio, la religione, il culto dei morti, il legame con le tradizioni e con l’austerità degli antenati, antitetico al crescente gusto per il lusso. Le opere in esposizione consentono anche di comprendere lo sviluppo pittorico locale, che dal II stile (80 a.C.-fine del I secolo a.C.), rappresentato ad esempio dalla megalografia con scena di corte ellenistica (60 a.C.) dalla Villa di P. Fannius Synistor a Boscoreale, in prestito dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann), porta al IV stile, contraddistinto dal raffinato illusionismo prospettico, come nella parete in stucco policromo (62-79 d.C.) dalla Casa di Meleagro, sempre dal Mann. Dal museo napoletano proviene un consistente nucleo di reperti, la mostra difatti nasce dalla collaborazione tra Mann, Parco archeologico del Colosseo e Parco archeologico di Pompei.

Abbiamo chiesto alla Russo quali saranno le prossime iniziative nate dalla cooperazione fra queste istituzioni: «Nel 2018 abbiamo sottoscritto dei protocolli d’intesa che delineano degli ambiti di ricerca e dei progetti comuni: ad esempio, con il Mann abbiamo avviato una collaborazione sui Farnese, nella cui importante collezione di sculture, ora a Napoli, sono confluite molte opere scavate tra XVII e XVIII secolo sul Palatino, o sul tema dei gladiatori. Con il Parco archeologico di Pompei si sta definendo un progetto sugli ori del Mediterraneo: dalla Grecia, a Pompei e a Roma».

© Riproduzione riservata Parete in stucco policromo (62-79 d.C.) dalla Casa di Meleagro a Pompei, Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo. Foto di Luigi Spina
Altri articoli di Arianna Antoniutti