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Rigore e folklore

Olga Scotto di Vettimo

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La mostra «Lucio Del Pezzo. Opere anni Sessanta. Napoli», curata da Andrea Ingenito e Piero Mascitti e prodotta dalla galleria AICA-Andrea Ingenito Contemporary Art in collaborazione con la Fondazione Marconi di Milano, presenta una ventina di lavori realizzati dall’artista napoletano negli anni Sessanta, tra questi collage, acrilici, tempere su tavola e una monumentale scultura in legno.

Diplomatosi in pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli con Emilio Notte, Del Pezzo (Napoli 1933) è tra i fondatori del Gruppo 58, collegato con il Movimento Nucleare di Enrico Baj a Milano, città in cui si trasferì nel 1960. Le opere in mostra documentano questo particolare momento della ricerca dell’artista, un periodo specifico della sua produzione segnato dal passaggio da una dimensione estetica più caotica e disarmonica a una in cui il suo linguaggio si caratterizza per asciuttezza e rigore formale. Privato della vis della cultura popolare e del folklore partenopeo (vedi l’olio e collage polimaterico su tavola intitolato «La noia» del 1961), l’artista lascia emergere il rigore metafisico in lavori come «Senza titolo» del 1964 e «Rosebud» del 1965, utilizzando un registro linguistico ironico volto a demitizzare la società dei consumi.

La dimensione del gioco e del divertimento costituiscono per Del Pezzo la linea di discrimine tra ciò che è arte e ciò che non lo è: trasformato in strumento di analisi e di conoscenza, il gioco diventa il mezzo attraverso cui l’arte assume una posizione critica, benché spesso espressa con riferimenti desunti dall’estetica pop. La mostra evidenzia inoltre la svolta decisamente artigianale dei primi anni milanesi, in cui Del Pezzo sostituisce l’idea del recupero dell’oggetto trovato (di origine Neo Dada) con una maggiore matericità affidata al segno e al colore (ne sono un esempio «Grafismi» del 1967 e «À Paris» del 1966), recuperando un pensiero dall’artista espresso anni addietro secondo cui «Le mani lavorano attorno a quello che il talento, quando c’è, intuisce».

Olga Scotto di Vettimo, 14 dicembre 2016 | © Riproduzione riservata

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