Una veduta della mostra «Riccardo Previdi. Andrà tutto bene» (2022) da Francesca Minini, Milano. Foto di Andrea Rossetti

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Una veduta della mostra «Riccardo Previdi. Andrà tutto bene» (2022) da Francesca Minini, Milano. Foto di Andrea Rossetti

Riccardo Previdi tra san Sebastiano e i Maneki Neko

Una personale dell’artista milanese da Francesca Minini con opere inedite degli ultimi due anni per riflettere sulla condizione della morte

Francesca Interlenghi

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Una scritta al neon recita «Andrà tutto bene». Otto contenitori di ceramica poggiano su piedistalli di altezze diverse, mescolandosi in calde combinazioni cromatiche. Un oggetto specchiante si erge tra urne e rimanda all’iconografia del martirio di san Sebastiano trafitto dalle frecce. Tre esemplari di Maneki Neko, il gatto della fortuna che solleva la zampa in gesto di saluto, sono di fronte a un tessuto montato ad altezza di bambino in cui sono stampate sagome feline.

Sono le opere della persoinale di Riccardo Previdi (Milano, 1974) intitolata «Andrà tutto bene» ed esposta nella galleria milanese di Francesca Minini fino al 12 marzo.

C’è il sapiente intreccio fra digitale e artigianale, alla base delle urne esposte realizzate con una stampante 3D per l’argilla dell’azienda italiana Wasp, grazie al lavoro congiunto di collaboratori e artigiani sotto la regia dell’artista.

Il prelievo di segni del quotidiano, ricorrente nel suo lavoro, emerge nel mantra del primo lockdown «Andrà tutto bene», affidato alla calligrafia incerta di Nonna Angela, ormai centenaria, che ne trascura l’accento; un ready-made e al contempo una dichiarazione d’intenti: «Mi piace pensare che il tutto bene sia l’approccio con cui ho fatto le cose», spiega Previdi.

«Negli ultimi due anni siamo stati costretti a confrontarci con la morte; ho cercato di capire se esistessero modi diversi di intenderla e celebrarla, superando un approccio, tipico della società occidentale, che la considera un momento finale anziché di passaggio e trasformazione, generando un profondo senso di inadeguatezza e paura. Questo progetto è nato sulla scorta dell’idea, di una morte commemorata in modo diverso, festoso e allegro, guardando agli antichi riti degli Etruschi, della Cina e del Benin».

La questione delle forma, la complessità di quelle presenti in natura, è indagate scansionando una varietà di zucche acquistate all’ortomercato di Milano, restituite in opere di ceramica. Sono elementi funzionali a ospitare, dentro e fuori il loro corpo cavo, la contraddizione tra la determinatezza e la parziale indeterminabilità della forma, elemento che connota l’estetica di Previdi.

Chiude la mostra il dialogo sintonico «NOI/LORO». Il primo è il gruppo dei tre gatti Maneki Neko stampati in pellet in 3D (con l’impiego di fiocchi di un polimero plastico ottenuto dal mais), realizzati a partire da un modellino manuale di plastilina eseguito dall’artista. Il secondo è una moltitudine di gatti stampati su tessuto, rielaborazione di una carta da parati precedentemente realizzata dall’artista. L’uno difronte all’altra, le opere cristallizzano l’hic et nunc e la sua urgenza.

Una veduta della mostra «Riccardo Previdi. Andrà tutto bene» (2022) da Francesca Minini, Milano. Foto di Andrea Rossetti

«LORO» (2018) di Riccardo previdi in mostra da Francesca Minini, Milano. Foto di Andrea Rossetti

«NOI/LORO» (2019) di Riccardo previdi in mostra da Francesca Minini, Milano. Foto di Andrea Rossetti

Francesca Interlenghi, 04 febbraio 2022 | © Riproduzione riservata

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Riccardo Previdi tra san Sebastiano e i Maneki Neko | Francesca Interlenghi

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