In un tempo in cui il rapporto tra opera d’arte e colui che può definirsi appassionato-collezionista è quasi irrimediabilmente condizionato da valutazioni economico-finanziarie, relegando l’opera a mero strumento di investimento speculativo, il libro di Massimo Recalcati è una lettura necessaria. L’autore si tiene al largo dal terreno scivoloso di ricercare una correlazione tra esiti e vicende biografiche, ma sceglie di fare luce su opere che, per dirla con Kounellis, siano un ponte che introduce al «mistero delle cose».

Nove sono gli artisti cui Recalcati dedica pagine appassionate: Giorgio Morandi, Alberto Burri, Emilio Vedova, William Congdon, Giorgio Celiberti, Jannis Kounellis, Claudio Parmiggiani, Alessandro Papetti, Giovanni Frangi. Artisti diversi, si pongono tutti il problema che appassionava Morandi, «ritrovare il significato delle cose, ricominciare a guardare le cose». Di Morandi, Recalcati cita la testimonianza di Luigi Magnani sulla visita dell’artista nella villa di Mamiano: di fronte a un «Sacco» di Burri, Morandi corregge la sorella cui era sfuggito un sorriso: «C’è poco da ridere, dice Morandi, questo è un vero, autentico artista, il migliore dei moderni».

I nove paladini di Recalcati rendono testimonianza, nei caratteri della loro opera, di ciò che pare irraffigurabile, arrivando a squarciare la cortina che avvolge l’invisibile, a varcare la soglia dell’indicibile. Recalcati riprende Lacan e annota che «la pratica dell’arte costeggia l’abisso del reale, è una rotazione attorno all’impossibile, al mistero assoluto della vita e della morte. È un modo per circoscrivere e per custodire l’assoluto innominabile». Parole necessarie, lontane da esiti d’asta che sono alimenti vani per conseguire un’educazione sentimentale e una tensione vera a vedere l’opera nel suo significato più profondo. 

Il mistero delle cose. Nove ritratti di artisti
di Massimo Recalcati
272 pp., ill.
Feltrinelli, Milano 2016
€ 29,00