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Qualcuno odia i restauratori?

Un paio d’anni per definire l’elenco dei professionisti nei «beni culturali». E il paradosso di una legge inapplicata che continua a escludere i migliori 
Il percorso che dovrebbe finalmente portare l’élite dei restauratori italiani al riconoscimento giuridico della loro specializzazione si è trasformato in un inestricabile labirinto.
Le ultime notizie trapelano da una giungla burocratica sconosciuta, circondata dall’incertezza dei «si dice»: sembra di rivivere le cronache lontane di Henry Stanley per anni in Africa alla ricerca di David Livingstone scomparso nelle inesplorate foreste piene di ostacoli naturali e pericolose tribù. Anche i restauratori risultano sperduti tra ostili bandi di selezione mai conclusi, leggi non applicate e una misteriosa burocrazia imperscrutabile.

Bando di selezione

Le ultime notizie sono allarmanti. Si comincia dall’ultimo, definitivo bando di selezione, avviato dopo sei anni di «stop and go», silenzi e attese. Lanciato il 22 giugno 2015, dava tempo fino al 31 ottobre per presentare la documentazione necessaria. Poi subentra una commissione che cercherà di esaminare le carte e verificarne la validità. Le domande sono migliaia: il compito sarà complesso, un controllo attento forse impossibile. Intanto la commissione, che stabilirà chi ha i requisiti per essere iscritto dal Mibact nell’elenco online dei «restauratori di beni culturali» e sancirà quindi il riconoscimento del loro status giuridico, non è stata ancora nominata. Per concludere la procedura si parla di un paio d’anni.

Legge inapplicata

Il secondo, incredibile paradosso è quello di una legge non applicata. Per un «errore», pare un malinteso tra Mibact e Miur, il Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica, proprio ai restauratori usciti prima del 2009 dalle scuole di Alta Formazione dello Stato non veniva riconosciuto un titolo equiparato alla laurea. Parliamo dell’Istituto Centrale del Restauro, di quello del Restauro Librario e dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, scuole famose nel mondo, che garantiscono ancora l’eccellenza. Proprio quei restauratori venivano così esclusi dall’insegnamento universitario, dalla dirigenza pubblica e da ogni incarico di responsabilità in tutta Europa.
Una situazione assurda, corretta dall’articolo 2, comma 15bis, della legge sulla «Buona Scuola» approvato il 15 luglio 2015. Ma questa legge, che riconosce l’«equipollenza» del diploma dei restauratori alla laurea, non può ancora essere applicata. Infatti non sono mai stati emanati i decreti attuativi malgrado siano trascorsi i 60 giorni previsti (scaduti il 15 settembre). 

Burocrazia nemica

E così entra in campo il terzo intralcio, una burocrazia cieca che si accanisce contro l’élite del restauro. Tra le conseguenze paradossali di quella mancata equipollenza, i nostri migliori restauratori restano esclusi dall’iscrizione automatica, «de iure», nell’Elenco dei Restauratori come invece è previsto dal Codice dei Beni culturali e come dice la nuova legge.
Non basta la legge: senza decreti attuativi, i nostri migliori restauratori potrebbero essere costretti a ricorrere alle maglie larghe del Bando di selezione che contiene clausole (alle quali si erano sempre opposti), inserite sotto la pressione della Confederazione degli Artigiani (Cna), della Cgil e di altri sindacati e associazioni di categoria (come Le Ragioni del Restauro e non solo).
Queste clausole potrebbero consentire, ove non fossero applicate con attenzione le prescrizioni delle linee guida del Bando di selezione, la partecipazione al concorso di schiere di restauratori senza alcuna vera preparazione ed esperienza di restauro, presentando diplomi di scarso valore o attestazioni di lavori compiuti anche per conto di semplici imprese edili.

Il rischio «sanatoria»

Le conseguenze saranno gravi. Senza il freno di una selezione rigorosa delle domande, l’Elenco online non rappresenterà più, come sarebbe importante, l’élite dei restauratori (circa 2mila professionisti) ma si allargherà a un serbatoio indistinto di oltre 10mila nomi. Si preannuncia insomma una vera «sanatoria» vanificando la funzione dell’Elenco che dovrebbe garantire la qualità del nostro restauro. Esiste ancora la speranza di distinguere tra chi ha davvero titoli e vera esperienza e chi potrebbe ricevere l’iscrizione grazie alla «sanatoria»?
Su questo punto sta insistendo l’Ora (Organizzazione restauratori alta formazione), che riunisce oltre 300 restauratori, l’autentica élite della professione. La presidente, Laura Lucioli, spiega anche che l’Unione Europea, per la libera circolazione delle professioni, istituirà un «patentino europeo» nel quale dovranno essere indicati titolo accademico e livelli di professionalità. «Ci batteremo, dice, perché almeno in Europa la nostra eccellenza sia indicata e riconosciuta. L’Italia non si è ancora posta il problema e potrebbe invece adottare un livello unico, uguale per tutti i restauratori». 

La situazione, favorita dalla «sanatoria», è ulteriormente complicata da una qualifica divisa in 12 settori, come se il restauro fosse soltanto un problema di abilità manuale, di mero artigianato, e non richiedesse sempre maggiori conoscenze ad ampio spettro dell’insieme dei problemi che investono un edificio o un’opera pittorica, uno studio approfondito della sua storia, l’analisi dei materiali, una progettazione integrata ecc.
Si aggiunge a questo quadro di estrema precarietà delle competenze, l’inserimento di altre professioni, come quella degli architetti, ai quali potrebbe essere consentito di entrare negli appalti come progettisti di restauro: avviene già in molti casi. Un insieme di interferenze, confusione, scarsa chiarezza, che continua a svilire la funzione specialistica del restauro e rischia di comprometterne definitivamente qualità e funzione. 

Tutto questo mentre i tanti nuovi corsi universitari di restauro (sono ormai 23 in tutta Italia) rischiano di non avere né laboratori adeguati né docenti formati nelle scuole specialistiche e di impartire così l’insegnamento teorico per una laurea senza vera competenza.

Edek Osser, 26 settembre 2015 | © Riproduzione riservata

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