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San Benedetto occupa un posto unico nella storia del monachesimo occidentale, specialmente per la composizione della Regola. Essa consta di un prologo e di 73 capitoli e rappresenta la sintesi più matura delle esperienze monastiche precedenti. Dopo un primo momento di coesistenza con altre legislazioni monastiche, la Regola di san Benedetto finì per prevalere ed essere adottata in tutti i monasteri, in forza della sua intrinseca validità.

Dal prologo fino all'ultimo capitolo, Benedetto istruisce ed esorta i monaci; ma soprattutto, li ama. Lo stile è calmo e sereno, come un discorso familiare fin dalle prime parole: "Ascolta, o figlio, gli insegnamenti del maestro, e tendi l'orecchio del tuo cuore; accogli di buon animo i consigli di un padre che ti vuole bene per ritornare con la fatica dell'obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l'accidia della disobbedienza". Il monastero è una scuola del servizio del Signore, ma una scuola nella quale, dice il santo, "speriamo di non stabilire nulla di aspro e gravoso"

L'anno di nascita di San Benedetto non è storicamente certo, ma la tradizione lo colloca nel 480 a Norcia. S.Benedetto appartiene ad una famiglia nobile, forse quella gens Anicia, che come molte, nel periodo di decadenza dell'Impero, aveva abbandonato Roma per la più tranquilla provincia.

Benedetto compie i primi studi a Norcia. Alla sua formazione contribuiscono gli esempi dei venerati asceti e della sorella Scolastica, consacrata alla vita religiosa fin dagli anni dell'infanzia. Mandato successivamente a Roma per seguire un indirizzo letterario e giuridico, conveniente alla sua condizione sociale, Benedetto conosce il degrado economico e sociale della città, determinato anche dalla contesa del supremo pontificato da parte di Simmaco e Lorenzo, nonostante la pace assicurata in quegli anni da Teodorico.

A 17 anni Benedetto, accompagnato dalla sua nutrice, fugge da Roma verso Tivoli e si ferma nel borgo di Enfide, l'odierna Affile, a circa 60 Km da Roma, per dedicarsi in solitudine alla vita religiosa. Ma i primi eventi straordinari alimentano la devozione e la curiosità e suscitano intorno a lui una indesiderata popolarità. Benedetto prosegue il cammino verso i monti e raggiunge la vicina località di Subiaco, "sub lacus". Qui incontra un monaco di nome Romano, il quale dimora in un piccolo monastero non lontano, sotto la guida del padre Adeodato, al quale Benedetto confida il suo proposito di vita ascetica. Romano lo accompagna in una caverna nascosta in un luogo selvaggio, lo riveste dell'abito religioso, e si cura di portargli quotidianamente del pane, privandosi della sua porzione di cibo, calandolo dall'alto per mezzo di una fune. Romano è fedele alla consegna e custodisce il segreto del rifugio nel quale Benedetto, per tre anni, conduce una vita aspra e solitaria.

Venerato per la sua virtù, Benedetto, secondo la tradizione, viene invitato da una comunità di monaci di Vicovaro ad assumere il governo del monastero a seguito della morte dell'abate. I tentativi di Benedetto di creare i presupposti per una nuova vita spirituale si infrangono contro l'ostinata volontà dei monaci, che tentano di ucciderlo con una coppa di vino avvelenato. Benedetto abbandona così Vicovaro e ritorna allo speco di Subiaco: ma sono ormai molti che vengono a lui e lo riconoscono come maestro di vita. Egli ben presto comprende la necessità di abbandonare definitivamente la vita ascetica per dedicarsi all'insegnamento. Fonda così dodici piccoli monasteri, con i rispettivi superiori, che fanno tutti capo a lui, riservando per sé il monastero dedicato alla formazione dei discepoli.

La fama di Benedetto si diffonde anche presso la nobiltà romana: due illustri cittadini, Equizio e il patrizio Tertullio, consegnano a Benedetto i propri figli Mauro e Placido, che saranno i primi componenti della grande famiglia benedettina. Ma la gelosia e l'avversione per il successo che Benedetto riscuote tra i giovani, spinge un monaco di nome Fiorenzo a tentare di ucciderlo con del pane avvelenato. Il piano non riesce. Tuttavia Fiorenzo istiga alla corruzione i discepoli conducendo sette giovani fanciulle nel giardino del monastero. Benedetto decide allora di abbandonare tanta malvagità e di trasferirsi in altro luogo, per edificare una nuova casa, espressione definitiva di quell'ideale di vita monastica che ha maturato nei lunghi anni di vita contemplativa.

Assicurato un definitivo assetto alla comunità sublacense, Benedetto inizia il suo viaggio verso l'antica città di Cassino, dove vi approda tra il 525 e il 529. Qui, nonostante cinque secoli di predicazione cristiana, il paganesimo è ancora molto diffuso, anche in quei luoghi che sono stati sede del vescovo Severo, situati vicino ad Aquino, importante diocesi occupata in quegli anni da s. Costanzo. Benedetto abbatte gli altari pagani, recide il bosco sacro ad Apollo, volge al culto cristiano i templi, consacrandoli a s. Martino di Tours, il monaco apostolo delle Gallie, e a s. Giovanni Battista, padre dei monaci del Nuovo Testamento e precursore di Cristo. Adattando i vecchi edifici, ne eleva di nuovi per la dimora dei monaci.

La costruzione di Montecassino vede Benedetto impegnato come architetto, ingegnere ed organizzatore del nuovo monastero, dove resterà per sempre, dedito alla definizione della sua Sancta Regula, sul modello eremitico orientale risalente a s. Pacomio e sulla base degli insegnamenti di s. Basilio, di Cassiano, di s. Cesario e della Regula Magistri, anonima.

La tradizione vuole che Benedetto muoia a Montecassino nel 547, il 21 di marzo. Sei giorni prima fa aprire il sepolcro e, sentendo vicino l'ora della dipartita, si fa accompagnare nell'oratorio ove, munito dei sacramenti e sostenuto dai discepoli, rende l'anima al Signore.

Redazione GdA, 30 ottobre 2016 | © Riproduzione riservata

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