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Federico Florian
Leggi i suoi articoliLa Whitechapel Gallery ospita, dal 30 settembre al 3 gennaio, la prima personale in Gran Bretagna dell’artista palestinese Emily Jacir. Pensata come una retrospettiva, intitolata «Europa» e curata da Omar Kholeif e Habda Rashid, la mostra riunisce sculture, film, disegni, fotografie e installazioni realizzate nell’arco degli ultimi tre decenni. Un certo spirito geografico, come anticipato dal titolo, informa l’intera esposizione londinese.
Lo spostamento, del resto, è una pratica connaturata alla biografia della Jacir: nata a Betlemme nel 1970 e cresciuta in Arabia Saudita, ha studiato tra l’Italia e gli Stati Uniti; priva di una sede fissa, attualmente vive e lavora lungo il bacino del Mediterraneo. La sua arte è politica e spesso autobiografica: temi come la migrazione, la resistenza politica e lo scambio culturale vengono affrontati con estrema delicatezza poetica.
Fulcro della mostra è il lavoro intitolato «Material for a film», tuttora in corso di realizzazione, con cui la Jacir si aggiudicò il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 2007: si tratta di un’installazione composta da fotografie, video e documenti tramite i quali l’autrice racconta e reinterpreta alcuni capitoli della vita di Wael Zuaiter, scrittore palestinese assassinato a Roma dall’intelligence israeliana.
Tra le altre opere esposte, la documentazione dell’intervento concepito per la partecipazione palestinese alla Biennale veneziana del 2009, ovvero la traduzione nell’alfabeto arabo delle fermate del vaporetto lungo il Canal Grande (progetto mai realizzato per l’opposizione delle autorità veneziane), il cortometraggio «Lydda Airport» (2009) e l’installazione video «Entry Denied (a concert in Jerusalem)» (2003).
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