Picasso e quei gioielli dei suoi amici
A Barcellona un'esposizione analizza uno degli aspetti meno conosciuti della produzione del celebre pittore spagnolo

Nella celebre foto di Robert Capa, François Gilot cammina sulla spiaggia mentre Picasso la segue proteggendola con un enorme parasole. Al collo sfoggia una collana con un pendente a forma di gufo. È il 1948, l’inizio della sua relazione con il maestro che per lei ha abbandonato Dora Maar. In quelle estati a Juan-les-Pins, Picasso si diletta a creare gioielli primitivisti, disegnando i volti delle donne che lo circondano sulle pietre levigate dal mare.
Lo racconta la mostra «Picasso e i gioielli d’artista», al Museo Picasso fino al 26 settembre. «Un gioiello d’artista non è la miniatura di un’opera, è un’opera in miniatura», osserva Emmanuel Guigon, direttore del museo e curatore della rassegna che analizza uno degli aspetti meno conosciuti della produzione di Picasso.
Dalle collane di conchiglie create nel ’37 per la Maar, passando per i pezzi di ceramica modellati nel laboratorio di Madoura, fino alle oreficerie degli anni ’60, le prime destinate alla vendita, i gioielli sono per Picasso l’ennesimo campo di gioco. «Talismani o amuleti, opere impregnate di simbolismo e intimità, Picasso non considerava i gioielli semplici ornamenti e per anni si rifiutò di esporli o riprodurli», spiega Guigon.
Insieme ai gioielli di Picasso, esposti con disegni e fotografie dell’epoca, è presentata una selezione di oreficerie d’artista, tra cui il bracciale di Fontana che anticipa i suoi concetti spaziali, il ragno di Louise Bourgeois, la spilla di Niki de Saint Phalle, gli orecchini di Man Ray e il braccialetto di pelliccia di Meret Oppenheim, fino a opere di Yoko Ono, Janine Antoni e Miquel Barceló.