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Piazza del Pop

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Francesca Romana Morelli

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«La così (non bene) detta "pop italiana” è particolare per l’adesione perplessa alla immunità prestante dell’oggetto», rifletteva Fabio Mauri. E ancora: «Vi è un piglio perplesso e svelatamente poetico, un addensamento morale, e un richiamo in campo di categorie generali, come la morte, o di similitudini classiche, anche se un po’ alterate, di costanti di “eternità”. Un figlio biondo da padri bruni».


Sull’immaginario della Scuola di Piazza del Popolo è incentrata una mostra, «Roma anni ’60: No-Pop», aperta da Erica Fiorentini dal 18 maggio al 15 ottobre. La curatrice Laura Cherubini affronta una rilettura delle poetiche di quel gruppo romano, di cui fecero parte Schifano, Festa, Kounellis, Mauri, Lombardo, Mambor, Angeli e Tacchi, attraverso una quindicina di lavori.


Tra le opere esposte, una grande tecnica mista di Mauri rimanda all’idea della proiezione cinematografica, ma anche al pensiero come qualcosa di solido nell’esistenza umana. Un «rebus» di Renato Mambor, «AN.BE.CO.» è un enigma da decifrare. Un «Paesaggio anemico» di Schifano, «Mare», mostra una natura della stessa sostanza concettuale della parola «mare» al centro in basso della superficie.
 

Francesca Romana Morelli, 07 maggio 2017 | © Riproduzione riservata

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Piazza del Pop | Francesca Romana Morelli

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