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Parte il circuito dei Castelli Romani

Federico Castelli Gattinara

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Da decenni si parla di un circuito delle dimore storiche dei Castelli Romani che non è mai decollato, ed «è una vergogna, tuona Francesco Petrucci, curatore di Palazzo Chigi di Ariccia. Sono stati costituiti vari enti ma alla fine si è solo sprecato soldi, non è mai partito niente, a parte iniziative episodiche». L’appena nata collaborazione tra Genzano e Ariccia vuol funzionare da esempio e da impulso a tutti i Comuni limitrofi, a cominciare da Nemi con il suo Palazzo Ruspoli.

Tutto parte dalla donazione al Comune di Genzano della collezione di 114 opere di Hellmut Hager, importante studioso di architettura di Sei e Settecento, e della moglie Maria Antonietta Sportelli, in accordo con Adriano Amendola che della collezione è il curatore. Il 20 maggio scorso è stato inaugurato l’allestimento permanente delle opere al piano nobile di Palazzo Sforza Cesarini che il Comune ha restaurato insieme al bel giardino all’inglese su progetto di Virginio Melaranci. Petrucci, che con l’associazione degli Amici di Palazzo Chigi già si occupa dei servizi dell’edificio storico (guide, sorveglianza, custodia), ha fatto da trait d’union e ora aiuterà Amendola a redigere un piccolo catalogo della raccolta, oltre ad aver appena pubblicato su Palazzo Sforza Cesarini un numero speciale della rivista «Castelli Romani». Un’operazione svolta tutta con costi ridottissimi, donazioni, volontariato e passione per il patrimonio tuscolano.

La collezione è una raccolta di studio, con varie copie, opere di Sei e Settecento di medio livello e alcune opere più importanti, tra cui un inedito «San Francesco in estasi» di Guercino, due belle versioni di santa Cecilia attribuite al fiorentino Onorio Marinari e al napoletano Massimo Stanzione, e dipinti assegnati a Trevisani, Régnier, Romanelli e altri. Sono tele, disegni, sculture e incisioni acquistati sul mercato, con una gran varietà di generi ed epoche, dal ’500 fino al ’900, e una particolare attenzione per l’età barocca e il paesaggio. Tra le copie, dipinti celebri come il «Ritratto di Beatrice Cenci» di Reni, il «Martirio di santa Giustina» di Veronese e il «Riposo dalla Fuga in Egitto» di Barocci. La volontà dei donatori di non smembrare la raccolta e di aprirla al pubblico ha spinto verso la soluzione di Palazzo Sforza Cesarini, finora riservato a mostre. Scelta ottima, in quanto esempio di «Barocchetto» romano di primo Settecento, con giardino all’inglese unico nella zona. Decaduti, nel 1990 palazzo e parco sono stati ceduti dalla famiglia a una società privata, poi fallita, quindi 8 anni dopo acquistati dal Comune di Genzano che nel 2003-11 ne ha completato il restauro.

Federico Castelli Gattinara, 06 giugno 2016 | © Riproduzione riservata

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