Paolo Icaro: la scultura mette le ali
La cronologia spazia dal 1964 a oggi, dunque coglie Icaro nei suoi esordi, contrassegnati dalla scelta di una materia povera, fragile, ma estremamente sensibile come la terracotta
Amalfi, 1968: Paolo Icaro, nella storica mostra «Arte povera più azioni povere», si arma di cemento e cazzuola e con la sapienza del muratore ripristina lo spigolo sbrecciato di un palazzo antico. In quell’umilissima performance è racchiusa una delle possibili chiavi di lettura della vicenda del suo autore, ovvero la riconnessione dei rapporti tra spazio, forma, misura, materia e storia attraverso l’intensità emotiva e poetica, una predisposizione lontana anni luce dal monumentalismo minimalista che pure lui, precocemente approdato negli Stati Uniti (la prima volta nel ’66 con la compagna Nancy Nina, per soggiornarvi due anni), avrebbe conosciuto da vicino.
Di certo, tra gli artisti emersi nella temperie poverista, Icaro (al secolo Pietro Paolo Chissotti, 1936) si sarebbe rivelato quello più sperimentale e inquieto, capace di esplorare in profondità il significato della scultura riuscendo nella
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