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Palazzi milanesi, luce veneziana

Fabrizio Biferali

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Ad appena un anno dalla morte dell’artista, avvenuta a Madrid nel 1770 dopo otto anni trascorsi nella città spagnola perlopiù al servizio di Carlo III di Borbone, Anton Maria Zanetti avrebbe esaltato il talento dell’artista nella pittura a fresco, in cui egli superò «qualunque altro pittore e introdusse con arte meravigliosa nelle opere sue una vaghezza, un sole che non ha forse esempio». In quella tecnica Tiepolo «si servì molto di tinte basse e sporche e dei colori più ordinarii; cosicché mettendo poi ad esse tinte vicine altre tinte belle alquanto e nette con quel suo pronto pennello, ne sortìa quell’effetto che certamente negli altri veder non si suole», un effetto percepito dalla critica coeva come una sorta di continuum con la pittura di Paolo Veronese. Se l’accostamento con il maestro del tardo Rinascimento veneto non dovette certo dispiacere a Tiepolo, Finocchi Ghersi evidenzia come la maniera del Veronese fosse ancora un punto di riferimento per l’arte veneziana nei primi anni del Settecento. Lo studioso inoltre, nel suo saggio sull’evoluzione di Tiepolo frescante, osserva che proprio l’uso di tinte chiare e luminose, tipiche della pittura veronesiana, avrebbe assecondato le iconografie rappresentate dall’artista nei suoi vasti cicli pittorici, sempre «in grado di trascinare lo spettatore in un mondo fantastico, quello dei suoi cieli azzurri e rosati dove piroettano, nella luce più sfolgorante, divinità di ogni tipo, putti impertinenti, strani personaggi dalle espressioni sornione e irridenti, ninfe spaventate o infastidite da vecchioni dai gesti audaci e un po’ sporcaccioni». 

Nella lunga vicenda di Tiepolo decoratore, gli affreschi milanesi si inseriscono in una fase di maturità dell’artista. Databili agli anni Trenta e caratterizzati da riferimenti puntuali alla maniera del Veronese, soprattutto quella magniloquente della chiesa veneziana di San Sebastiano, essi sono: la decorazione a temi allegorici e mitologici dei soffitti di Palazzo Archinto, distrutta durante la seconda guerra mondiale, ma di cui restano alcuni disegni preparatori e modelletti; quella scenografica con le «Storie di Scipione» sulle pareti e l’allegoria del «Buon governo» sulla volta del salone di Palazzo Casati; e infine quella con la «Corsa del carro del Sole» sulla volta della galleria di Palazzo Clerici, famiglia che aveva acquisito prestigio e ricchezza grazie al marchese Giorgio II. Specialmente in quest’ultima impresa, alla quale è dedicato nel volume un saggio di Enrico Lucchese, Tiepolo mostra «una padronanza del linguaggio barocco tale da collegare la decorazione pittorica all’architettura di tutto il complesso, con effetti inediti di luminosità», come scrive Finocchi Ghersi, secondo cui tale decorazione contribuisce a fare di Tiepolo un «genio visionario, già conscio dei nuovi traguardi verso il sogno e il sublime, spalancati per la meraviglia spaurita dell’uomo di fronte alla potenza del creato, cui la sua arte prediletta, la pittura, sarebbe andata incontro decisa verso la fine del secolo con l’avvio del lirismo romantico». 

Tiepolo a Milano. La decorazione dei palazzi Archinto, Casati e Clerici
di Lorenzo Finocchi Ghersi
256 pp., ill.
Artemide, Roma 2016
€ 80,00

Fabrizio Biferali, 07 dicembre 2016 | © Riproduzione riservata

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