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Federico Florian
Leggi i suoi articoliApparentemente, nell’arte di Jacob Hashimoto, nulla riconduce alla natura. Una forte componente artigianale, piuttosto, domina le installazioni dell’artista americano, nato in Colorado, nel 1973: sculture ondeggianti e variopinte, composte da centinaia di mini-aquiloni di carta e bambù, rivelano una tecnica accurata e minuziosa. Eppure, i suoi lavori evocano cieli gonfi di nuvole, quiete distese marine, o colorati prati fioriti. Ricordano una natura artificiale e rigogliosa, il cui ritmo vitale è determinato dall’accumulo e dalla proliferazione di forme. Studio La Città ospita, fino al 12 settembre, una sua personale che raccoglie nuove produzioni tra dipinti, sculture e installazioni. Di origini giapponesi, Hashimoto attinge alla cultura visuale orientale nei pattern decorativi e nei materiali di cui si serve, ma anche in una certa sensibilità «origamica», che vede nelle pieghe della carta straordinarie potenzialità espressive. Tra i lavori in mostra vi sono dipinti tridimensionali costituiti da fragili elementi concentrici, legati tra loro da fili di nylon: un richiamo, forse, agli scacciapensieri o ai mobile di Calder. Un’imponente installazione sospesa occupa una sala della galleria: si tratta di un’impalcatura in legno composta da piccoli cubi dalle facciate decorate che collegano le due pareti opposte della stanza. Al centro, un’ampia e sinuosa struttura metallica di forma circolare evoca la corolla di un enorme giglio: la natura, per quanto astratta e artificiale, costituisce un’inesauribile fonte di ispirazione per Hashimoto. Completano la mostra alcuni dipinti su tela, a prima vista monocromi neri: a uno sguardo ravvicinato, in realtà, rivelano galassie e campi stellari. Spostandoci da Verona a Milano, Studio La Città presenta insieme alla galleria Tonelli «The Fontana I Love», mostra dedicata a Lucio Fontana scultore. L’esposizione, visitabile fino al 31 luglio nello spazio di via Saffi 33, raccoglie una trentina di opere in ceramica prodotte tra il 1929 e il 1968. Fra i lavori in mostra il «Drago» del ’68 e una selezione di piatti in porcellana.
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