«Infinito Campari» (2019) di Oliviero Rainaldi a Sesto San Giovanni

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«Infinito Campari» (2019) di Oliviero Rainaldi a Sesto San Giovanni

Oliviero Rainaldi specializzato in grandi aziende

Maserati, Campari, Italgas: per lo scultore lavorare su committenza permette di realizzare opere che in solitudine non si sarebbero potute fare

Oliviero Rainaldi, classe 1956, si racconta a partire dalla sua formazione e dagli esordi. Abruzzese per nascita, romano d’adozione, oggi Rainaldi vive e lavora a Lugano continuando a operare sia in ambito nazionale che internazionale. Le sue opere sono riconoscibili per la loro caratterizzante essenzialità; la committenza spazia dal pubblico al privato sino a quella di natura ecclesiastica: un rapporto, quello tra Arte e Liturgia, iniziato negli anni Novanta.

Il primo committente è il Frederik Meijer Sculpture Park nel Michigan, per il quale l’artista realizza una monumentale scultura in bronzo. Seguono, tra le opere più celebri, la statua bronzea che ritrae papa Giovanni Paolo II (2011) in piazza dei Cinquecento a Roma; «Neptune in the wind» (2015) voluta dalla Maserati per celebrarne in centenario e «Infinito Campari» (2019) che campeggia all’interno di un labirinto vegetale nella sede dell’azienda a Sesto San Giovanni. Tra le istituzioni che hanno ospitato le sue personali: Gam di Bologna (2003), Palazzo Venezia a Roma (2006), Museo Nazionale di Villa Pisani a Stra (2011), il parco del Dubai International Financial Center in cui nel 2017 affianca Tony Cragg.

Ora, il 3 dicembre, si è inaugurato a Torino un nuovo monumentale lavoro su committenza di Italgas (che ha finanziato anche l’intera riqualificazione di Largo Regio Parco): sarà l’opera «Flammarion» difatti a connotare l’area e a simboleggiare l’identità aziendale attraverso sette slanciate colonne, la più alta di 11 metri, sormontate da una fiammella blu, che richiama lo storico logo del committente.

Qual è la sua formazione artistica e quali figure principalmente l’hanno segnata?
Nel 1974 mi iscrissi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, al corso di pittura con Emilio Vedova, ritirandomi poi al terzo anno. Avevo già un mio piccolo giro di lavoro e diedi così inizio alle mie prime mostre. Alcuni anni dopo ripresi gli studi all’Accademia dell’Aquila con Fabio Mauri. La profonda diversità caratterizzata dai due insegnamenti è stata per me una grande ricchezza, mi ha aiutato a vedere le cose con sei occhi.

Qual è il suo rapporto con la committenza sia pubblica che privata, nell’ambito aziendale e in quello ecclesiastico?
Solitamente, quando l’artista dà inizio al proprio lavoro, volge lo sguardo all’interno. Nel caso della committenza è necessario porgere l’orecchio all’esterno per poi immergersi nella propria interiorità. Un’opera realizzata su committenza diviene così un parto gemellare in cui l’aspetto antropologico gioca un ruolo importante: carattere, cultura, fiducia, capacità di dialogo, divengono qualità necessarie per affinare le affinità. A dispetto di ciò che molti pensano, creare opere su committenza non è limitante, tutt’altro: ti permette di realizzare opere che in solitudine non avresti minimamente concepito o potuto realizzare. Senza Giulio ll ci sarebbe stata la Sistina? Diversa è la relazione con la committenza ecclesiastica dove la comunione di intenti si deve attenere a quelle che sono le rigorose regole della liturgia.

Da artista che risiede all’estero e che opera anche con l'estero, qual è il suo punto di vista sul sistema dell’arte italiana, committenze incluse?
Il sistema italiano stenta nello strutturarsi come «sistema» nonostante un giro economico tutt’altro che trascurabile e la possibilità di vantare come pochi una così ampia e diffusa capacità creativa come possiede l’Italia: sono troppo pochi gli artisti italiani presenti ai grandi eventi nel mondo e questo è già un indizio significativo: lo Stato non investe quasi nulla nella ricerca in generale, figuriamoci nell’arte contemporanea. Le gallerie con respiro internazionale sono poche e altrettanto poche sono quelle che fanno un vero lavoro di promozione per i propri artisti all’estero. Mancano agevolazione fiscali, l’esterofilia dilaga: come nello «stile» nazionale spesso si è costretti a navigare in solitaria: ognuno per sé, Dio per tutti! Le opere sono considerate per il loro costo più che per il loro valore: ma questo è un guaio non solo italiano.

Quali progetti l’attendono adesso?
I miei prossimi appuntamenti di lavoro sono negli Stati Uniti, con una scultura monumentale per un museo, a Ginevra per la Croce Rossa e una mostra personale ad Anversa.

«Infinito Campari» (2019) di Oliviero Rainaldi a Sesto San Giovanni

Veronica Rodenigo, 13 dicembre 2021 | © Riproduzione riservata

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