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Federico Florian
Leggi i suoi articoliIn occasione di una sua recente personale al Centre Pompidou, l’artista francese di origine marocchina Latifa Echakhch (1974) aveva concepito una scenografia di nuvole rasoterra, sospese al soffitto tramite cavi. Volontà dell’autrice era quella di creare un paesaggio surreale, specchio delle emozioni e delle sensazioni dei visitatori. In occasione di una sua personale da kaufmann repetto (fino al 31 luglio), l’autrice ripropone il motivo delle nuvole in un’installazione a muro.
Accanto ad essa l’artista presenta un nuovo ciclo di tele, il cui punto di partenza sono le notizie drammatiche dei giornali degli ultimi mesi, prima fra tutte l’attentato parigino alla redazione di «Charlie Hebdo». Dopo aver incollato alle tele le pagine dei quotidiani, l’artista si serve di un solvente per scioglierne i testi e le parole, intrise di afflizione e amarezza. Il risultato è un distillato di materia dolorosa, che assume l’aspetto di lacrime nere, quelle versate dall’artista. Il nero è un colore particolarmente caro alla Echakhch (è lo stesso colore delle nuvole in mostra): come ha dichiarato una volta lei stessa, esso «evoca un’azione passata e dunque conclusa; genera un senso di lutto e sospensione». A fare da contrappunto ai poetici lavori della Echakhch, collocati all’interno, vi sono due sculture di Eva Rothschild (Londra, 1972) che occupano il cortile della galleria.
Si tratta di due griglie in alluminio la cui forma ricorda vagamente quella di due computer portatili con lo schermo aperto. I lavori, che risentono dell’estetica minimalista, danno vita a una struttura aperta e complessa, il cui rigore geometrico contrasta con la leggerezza delle opere della Echakhch, visibili oltre le vetrate.
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