Nuovo sguardo su Raffaello a Capodimonte

Le indagini scientifiche sui dipinti dell'artista al museo napoletano

Un apparecchio di diagnostica all'opera
Andrea Zezza, Angela Cerasuolo |  | Napoli

Un’iniziativa di grande importanza ha preso forma al Museo e Real Bosco di Capodimonte grazie alla convergenza dell’impegno di studiosi di istituzioni di diverse aree di competenza sullo studio delle straordinarie collezioni del museo.

Il Dipartimento di Restauro del Museo e Real Bosco di Capodimonte, il Dipartimento di Lettere e Beni Culturali dell’Università della Campania «Luigi Vanvitelli» e gli istituti di punta nel settore del Cnr – più precisamente l’Ispc (Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale), i Lns-Infn (Laboratori Nazionali del Sud) di Catania, il Cnr-Scitec (Istituto di Scienze e Tecnologie Chimiche)  –  ed il Lams (Laboratoire d'archéologue moléculaire et structurale) di Parigi, hanno insieme individuato alcuni nuclei di dipinti da studiare, aggiungendo ai consueti strumenti della storia dell’arte quelli messi a disposizione dalle più avanzate tecnologie fisiche e chimiche non invasive, mettendo a confronto i loro sguardi per l’avanzamento delle conoscenze a servizio della conservazione, del restauro, della tutela.

Parte importante di questo programma è la campagna di misure non-invasive che si sono svolte in questi giorni sui dipinti di Raffaello e della sua bottega nei laboratori di restauro e nel museo, con cui il Cnr Ispc sta procedendo a studiare i dipinti tramite imaging Ma-Xrf a scansione ed iperspettrale Vis in riflettanza ed emissione.

Il patrimonio raffaellesco del Museo è assai più ricco e variato di quanto si sia soliti pensare, comprendendo alcune opere autografe di grande rilevanza, che permettono di esemplificare i momenti principali della carriera dell'artista e la varietà dei suoi mezzi espressivi nel genere della pala d’altare, del ritratto, del cartone per affreschi, nel quadro da stanza.

Capodimonte conserva infatti «L’Eterno e la Vergine» provenienti dalla Pala di San Nicola da Tolentino (1500-1501), prima opera nota del diciottenne Raffaello, dipinta per la chiesa di Sant'Agostino di Città di Castello,  distrutta alla fine del Settecento; il «Ritratto di Alessandro Farnese» (1511 ca), il giovane cardinale che tanti anni dopo diventerà il potente papa Paolo III; il «Mosé e il roveto ardente» (1514), cartone preparatorio eseguito per l’affresco della volta della Stanza di Eliodoro in Vaticano; la «Madonna del Divino Amore» (1516-18) dipinto tra i più ammirati dell’artista nel corso del Cinquecento, poi caduto nell’oblio e sottratto solo recentemente, anche grazie alle indagini scientifiche e al restauro, alla sfortuna critica in cui era caduto nel Novecento.

Ma il museo conserva anche un’opera fondamentale di Giulio Romano, il principale allievo di Raffaello, la «Madonna della Gatta» (1518-1520 ca?), eseguita seguendo un modello del maestro, e di cui le indagini aiutano a meglio comprendere tanto la complessa genesi esecutiva, quanto le cause dei problemi che ne hanno resa problematica la conservazione.

Una serie di copie, derivazioni, multipli, alcune delle quali forse elaborate nella bottega stessa dell'artista («Madonna del Passeggio», «Madonna del Velo»), altre per mano di artisti di prima grandezza per committenti importanti – è il caso della famosa copia del «Ritratto di Leone X» di Andrea del Sarto – dove la nozione di «copia» costeggia quella di «falso d’autore», e che secondo Vasari avrebbe ingannato lo stesso Giulio Romano - o forse per esercitazione, come il «San Giuseppe dalla Madonna del velo» realizzato da Daniele da Volterra.

Queste, assieme ad altre realizzate da più meccanici copisti («Madonna Bridgewater») permettono di esplorare ad ampio raggio questo tipo di produzione, che costituiva larga parte dell'opera delle botteghe del Cinque e del Seicento e che oggi forma una parte enorme, anche se spesso trascurata, del nostro patrimonio artistico.

La mostra «Raffaello al Museo di Capodimonte: l’officina dell’artista», prevista nel giugno 2021, sarà il primo risultato di questa esperienza e proporrà una modalità innovativa di divulgazione della conoscenza scientifica e storiografica delle opere d’arte, ripercorrendone non solo storia collezionistica, vicende conservative, ma ricostruendo il percorso dei processi esecutivi, individuando la natura dei materiali costitutivi e dei fenomeni di degrado.

La realizzazione delle indagini è un momento impegnativo ed emozionante dell’approccio all’opera, ed il punto di partenza per un’avventura che coinvolge tutte le professionalità coinvolte. Il confronto aiuterà da una parte storici e restauratori ad accedere alla complessa lettura dei dati scientifici, dall’altra porterà i componenti del team scientifico ad affinare strumenti e metodi in funzione dei problemi conservativi e dei quesiti posti dalle opere esaminate.

Nella mostra particolare attenzione sarà rivolta alla possibilità di offrire al pubblico le novità emerse dalla campagna di indagini diagnostiche attraverso strumenti multimediali che permetteranno un approccio originale alle opere d'arte viste nel loro farsi, consentendo di scrutare il lavoro della bottega dell'artista e dei sui seguaci, mettendo in luce il complesso lavoro che sta dietro la creazione del più prestigioso dei capolavori e la grande varietà di mezzi, obiettivi, materiali che sta dietro il complesso mondo delle derivazioni e delle copie.

Angela Cerasuolo è capo dipartimento di restauro del Museo e Real Bosco di Capodimonte
Andrea Zezza è docente di Storia dell'Arte Moderna presso il dipartimento di Lettere e Beni culturali all'Università degli studi della Campania 'Luigi Vanvitelli'

© Riproduzione riservata «Madonna del Divino Amore», di Raffaello e aiuti (particolare). Napoli, Museo di Capodimonte. Foto: L. Romano «Madonna del passeggio» «Madonna della Gatta», di Giulio Romano (particolare). Napoli, Museo di Capodimonte «Madonna del velo» «Madonna Bridgewater» «Ritratto del cardinale Alessandro Farnese», di Raffaello (particolare). Napoli, Museo di Capodimonte