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Laura Lombardi
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Secondo un’antica tradizione, nel viaggio missionario da Antiochia a Roma, Pietro, sbarcato sul litorale toscano nei pressi del porto pisano, avrebbe eretto un altare dov’è ora la Basilica di San Piero a Grado, mentre a Roma, nel luogo della sua sepoltura, dopo la crocifissione nel 320 d.C., sarà edificata, ai tempi dell’imperatore Costantino, una basilica a cinque navate (su cui sorge poi la Basilica attuale), alla quale si ispira la Cattedrale di Piazza dei Miracoli.
Fino al 23 luglio la mostra «Nel solco di Pietro. La Cattedrale di Pisa e la Basilica Vaticana», a cura di Marco Collareta affiancato da un prestigioso comitato scientifico, e allestita nel Palazzo dell’Opera Primiziale pisana e nel salone degli affreschi contiguo al Camposanto Monumentale, ripercorre le fila di questo legame attraverso oggetti dall’età di Pietro e del culto a lui dedicato in terra pisana: dalla romanità di Pisa nel Medioevo, col nesso tra la figura di Pietro chiamato da Cristo a lasciare la sua barca per divenire pescatore di uomini, e la vocazione marinara della città, nesso espresso, ad esempio, dal confronto tra frammenti del ciclo dell’antica Basilica Vaticana e una tavola di Deodato Orlandi (il pittore del ciclo di San Pietro a Grado) per proseguire con la romanità di Pisa in età moderna, quando la Basilica Vaticana è sostituita da quella attuale, e Pisa adotta, tra il XVI e il XIX secolo, soluzioni stilistiche romane, evidenti nelle opere di pittori quali Orazio Riminaldi e Perin del Vaga. Il nesso si conferma negli strumenti della «Fabbriceria ecclesiastica», e nel ruolo della luce e nelle feste religiose, col parallelismo tra le celebrazioni nel mese di giugno di san Pietro a Roma e san Ranieri a Pisa.