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Melanie Gerlis
Leggi i suoi articoliLondra. È quanto meno significativo che la carriera di Penelope Curtis, direttore uscente della Tate Britain, si concluda con una retrospettiva di Barbara Hepworth. La Curtis, al museo dal 2009 dov’era giunta dall’Henry Moore Insitute di Leeds, ha portato alla Tate la sua passione per la scultura moderna inglese, attraverso mostre tra cui la retrospettiva di Henry Moore nel 2010. Ora è cocuratrice della mostra «Barbara Hepworth: Sculpture for a Modern World» (dal 24 giugno al 25 ottobre) insieme a Chris Stephens, curatore capo della Tate. «La mostra di Barbara Hepworth è una scelta naturale che arriva al momento giusto», afferma il mercante Robert Bowman, specializzato in scultura. Quando aprì nel 2011, il target annuale della Hepworth Wakefield Gallery era di 150mila visitatori all’anno, obiettivo raggiunto già nelle prime cinque settimane (la Hepworth nacque a Wakefield nel 1903, anche se il suo nome è più associato a quello di St. Ives, dove visse dal 1950 al 1975, anno della morte). La fama dell’artista è arrivata fino alle sale d’asta; nel giugno 2014 Christie’s metteva a segno il record per l’artista con 4,2 milioni di sterline, contro il precedente di 2,4, per «Figure for Landscape» (1960). «Le sue immagini iconiche hanno un forte mercato», spiega Bowman (in particolare sono molto amate le serie dei buchi e delle strisce). Mentre gli specialisti del mercato sottolineano la crescente fama internazionale dell’artista, il messaggio implicito della Tate Britain è che, anche quando era ancora in vita, la Hepworth faceva parte di una comunità più globale di quanto lasci intendere la sua appartenenza al modernismo inglese. «Ci si è dimenticati che era una star internazionale», afferma Chris Stephens. È questo il motore della retrospettiva, ordinata cronologicamente in sette sezioni. Una sala, ad esempio, è dedicata al rapporto della Hepworth con i movimenti degli astrattisti europei e le loro pubblicazioni, come «Abstraction Création», fondata a Parigi nel 1932, tra i cui membri c’erano Vasilij Kandinskij e Piet Mondrian. In mostra figurano anche incisioni astratte degli anni Trenta, tra cui «Discs in Echelon» (1935) dal MoMA di New York, accanto a quelle di colleghi europei. La Hepworth era molto apprezzata anche in Sudamerica e in Giappone. Fu la prima artista inglese a vincere il Gran Premio della Biennale di San Paolo nel 1959, e da quel momento le sue opere viaggiarono in tutto il Sudamerica. In Giappone ebbe una mostra nell’Open Air Museum di Hakone, nel 1970, che poi fece tappa a Kyoto, Osaka e Tokyo. La mostra si conclude con una ricostruzione delle connessioni europee dell’artista: una ricostruzione parziale della sua retrospettiva del 1965 al Kröller-Müller Museum di Otterlo, in Olanda (dove la mostra si trasferirà dal 28 novembre al 17 aprile 2016). Qui, sono raggruppate sette caratteristici bronzi della Hepworth, tra cui «Sphere with Inner Form» (1963), dalla Whitworth Art Gallery di Manchester.
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