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Si sdoppia la Galleria Mucciaccia, che apre una nuova sede interamente dedicata all’arte contemporanea, sempre in piazza Borghese, al numero civico 1a. La dirige Giulia Abate (1981), che ha affiancato il marito Massimiliano Mucciaccia nell’attività quindicennale della loro galleria, con sedi anche a Londra e a Singapore.


In realtà si immerge nel mondo dell’arte molto tempo prima, essendo figlia di Claudio Abate, che affianca nella sua opera di fotografo e del quale cura l’archivio. È laureata in Scienze della Comunicazione all’Università «La Sapienza» di Roma e ha conseguito il Master del Sole24Ore Arte e Cultura «Strategie di Marketing e Fundraising».


La galleria Mucciaccia contemporary si sviluppa verticalmente su due piani espositivi su una superficie di 120 metri quadrati. Per l’inaugurazione la gallerista ha scelto due pittori romani, Francesco Cervelli (1965) e Mauro Di Silvestre (1968) utilizzando per il titolo di questa mostra, che è un dialogo sulla memoria ed è aperta dal 3 maggio al 7 luglio, una frase di Jean Genet, «Nel fondo del tempo».


Giulia Abate, quale genere di artisti proporrà?
La mia formazione è stata segnata dai protagonisti dell’Arte povera, autori di lavori dai caratteri essenziali e dai contenuti autentici, non aggressivi verso lo spettatore. Mi rendo conto che ho bisogno di «sentire» la materia in un’opera, perciò inizierò con proposte legate alla pittura e alla scultura. Mi interessano soprattutto artisti della mia generazione, poco noti o emergenti. Nei primi anni di vita della galleria dovrò mettere le radici e rafforzarmi creando una mia linea di proposte. Quando nel 2006 con Massimiliano abbiamo aperto in piazza dell’Ara Coeli, a lungo abbiamo operato appartati rispetto al sistema artistico romano. Dall’anno prossimo vorrei iniziare a partecipare a qualche fiera e poi organizzare delle mostre in luoghi istituzionali.
Ci parli di Cervelli e Di Silvestre.
Sono artisti che seguo da tempo e rispondono alla mia convinzione che gli artisti con il loro lavoro costruiscono il serbatoio della memoria collettiva. Di Silvestre ha l’ossessione di fermare il tempo, e costruisce immagini di una memoria intima, rivestita con particolari prelevati dal suo passato. Non è istintivo nel gesto, ma nell’idea che stimola la sua creatività. Cervelli ha studiato in Francia, per cui è più incline a una cultura positivista. Per lui il «luogo» è il punto da cui far srotolare il filo di Arianna di una memoria collettiva.

Redazione GDA, 02 maggio 2017 | © Riproduzione riservata

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