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Francisco Goya, «Se repulen», dalla serie «Los Caprichos» (1799)

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Francisco Goya, «Se repulen», dalla serie «Los Caprichos» (1799)

Mostruosamente umani

All’Instituto Cervantes di piazza Navona 38 incisioni di Francisco Goya mettono a fuoco l’arte della rappresentazione estrema dei volti

Guglielmo Gigliotti

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All’Instituto Cervantes di piazza Navona, 38 incisioni di Francisco Goya (1746-1824), tratte dalle serie «Los Caprichos», «Los Disparates» e «Los Desastres de la guerra», mettono a fuoco l’arte della rappresentazione estrema dei volti: «Goya fisionomista», curata da Juan Bordes, aperta fino al 18 settembre, illustra tutti gli aspetti stilistici, storici e sociali della raffigurazione goyesca del mostruoso umano.

Dalle collezioni della Real Academia de Bellas Artes de San Fernando giungono infatti, oltre alle acqueforti e acquetinte dei tre cicli, anche 109 stampe tratte da coevi studi di fisiognomica. Su tutti gli aspetti, è tuttavia quello etico a prevalere nell’artista spagnolo, teso ad individuare, come specificato dal curatore, i tre stati fondamentali dell’espressività psicologica dell’ottenebramento, ovvero l’animalesco, il patologico e il degradato.

Goya lo fa con accentuazioni nel fantastico, nel grottesco e nel satirico, ma non prima di aver fatto propri gli studi prescientifici di fisiognomica, di cui fece conoscenza proprio in Italia, a principiare da quelli cinquecenteschi di Giovan Battista Della Porta. Introducendo le tavole dei «Caprichos» nel 1799, Goya scrisse che esse esprimevano «la censura degli errori e dei vizi umani» e delle «stravaganze e follie comuni a tutte le società civili». Ciò era tanto vero, che fu costretto a ritirare il ciclo dal commercio.

Francisco Goya, «Se repulen», dalla serie «Los Caprichos» (1799)

Guglielmo Gigliotti, 18 agosto 2021 | © Riproduzione riservata

Mostruosamente umani | Guglielmo Gigliotti

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