Un particolare di «I'm sitting here on the ground so I'll remember it as a nice atmosphere, or The difficulties of a form to move away from the stereotypes it evokes» (2022) di Michele Gabriele. Foto: Monia Ben Hamouda, Michele Gabriele

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Un particolare di «I'm sitting here on the ground so I'll remember it as a nice atmosphere, or The difficulties of a form to move away from the stereotypes it evokes» (2022) di Michele Gabriele. Foto: Monia Ben Hamouda, Michele Gabriele

Michele Gabriele e Treti Galaxie per umani e non umani

A Firenze NAM – Not A Museum mette in crisi le categorie spazio-tempo con una matrioska espositiva

All’interno degli spazi di Manifattura Tabacchi, NAM - Not A Museum ha inaugurato il suo nuovo programma espositivo volto al sostegno della curatela e della scena artistica. Il primo appuntamento prende il titolo di «The Vernal Age of Miry Mirrors», personale di Michele Gabriele dedicata alla sua recente produzione video e scultorea.

Si potrebbe dire che il tema centrale attorno al quale ruota la mostra, curata da Treti Galaxie (duo formato da Matteo Mottin e Ramona Ponzini), sia un esperimento su come percepiamo e ci relazioniamo con le immagini e le informazioni che ci vengono trasmesse. Quanto ci facciamo influenzare dalle notizie? Quanto di ciò che vediamo viene alterato nella nostra mente dai bias cognitivi (o distorsioni cognitive)? Quanto e come il nostro corpo reagisce all’interno di uno spazio? Come in presenza degli altri? E quanto davanti alle immagini?

Queste domande riecheggiano maggiormente oggi, dopo la crisi pandemica, l’isolamento, e l’essere stati sottoposti ad aggiornamenti continui da parte dei telegiornali su temporanee regole comportamentali, alla costante circolazione di fake news e alla destabilizzazione simile all’agorafobia causata dal ritorno alla socialità. Gli ultimi anni che abbiamo vissuto ci hanno portato a leggere il mondo con occhi alieni e profondamente vulnerabili.

La sensazione di forte spaesamento viene tradotta da Treti Galaxie in un progetto espositivo composto da una mostra dentro l’altra: «The Vernal Age of Miry Mirrors», realizzata per il pubblico di Manifattura Tabacchi, al suo interno racchiude «Misty Wave Lenght Sonata», mostra video allestita per essere fruita dalle creature fantastiche ideate da Michele Gabriele.

Entrambe sono introdotte graficamente da un testo in prespaziato, uno collocato sulla parete d’ingresso, e l’altro al primo piano. Al testo istituzionale di «The Vernal Age of Miry Mirrors», segue il meta-racconto su «Misty Wave Lenght Sonata» che segna la forte autorialità creativa del duo curatoriale.

Una volta caduti nell’oscurità della sala principale, immersi in un suono cupo, continuo e ovattato, ci si rende conto che siamo parte di un percorso costruito come una narrazione mise en abyme: undici creature dalla pelle umida come fango, alte come un bambino di sette anni, osservano i video esposti, mentre noi osserviamo loro, in una dinamica in cui non si capisce chi è alieno a chi e a cosa.

«‘I’m sitting here on the ground so I’ll remember it as a nice atmosphere’ or ‘The difficulties of a form to move away from the stereotypes it evokes’» è il titolo del gruppo scultoreo realizzato da Michele Gabriele tra il 2021 e il 2022. Si tratta di opere in resina modellate a mano ispirate a personaggi cinematografici. Ricordano figure anatomicamente diverse da noi ma che per via della loro familiarità estetica ci riportano alla mente storie di smarrimento ma anche scene di amicizia e di alleanza come quelle di «E.T. l'extra-terrestre» (1982), «La storia infinita» (1984), «Navigator» (1986) e l’italiano «Fantaghirò» (1991). La reazione del pubblico è di abbassarsi verso di loro, come si farebbe per stabilire un contatto con un animale diffidente, scoprendo come sono fatti e come sono vestiti, guidati dalle luci che scolpiscono le figure una seconda volta.

«Without a place to return to» (2022) sono le opere video che compongono la mostra «Misty Wave Lenght Sonata», qui esposte parodiando i formati allestitivi tipici delle immagini in movimento: retroproiezioni a due canali, utilizzo dello schermo sopraelevato e proiezione cinematografica a parete. I quattro video sono creati sovrapponendo immagini di pitture vedutiste a estratti da «Metropolis» (1927) di Fritz Lang, creando delle dissolvenze in loop molto lente che invitano a un’osservazione contemplativa quasi ipnotica.

«(...) Sorge spontanea una domanda, qual è il rapporto tra l’opera finita e lo scorrere di immagini pre-opera? È simile a quello che intercorre tra il fungo atomico di un’esplosione nucleare e le radiazioni che successivamente abitano il luogo dell’esplosione?».

Suggestionati dal meta-testo, la dissolvenza delle immagini con un effetto simile al 3D della stampa lenticolare ricorda il riverbero dell’esplosione di una bomba atomica che abbaglia noi, l’ambiente e le creature. Un libero pensiero che ci riporta alla realtà, ricordando i film distopici degli anni ’80 ispirati alla psicosi nucleare durante la Guerra Fredda e facendoci riflettere su quanto questa paura sia ancora drammaticamente attuale.

Alcuni manichini vestiti di blu-screen ci comunicano con la loro presenza che ci stiamo muovendo all’interno di un set cinematografico orchestrato dall’artista nascosto dietro un’immaginifica cinepresa.

Un particolare di «I'm sitting here on the ground so I'll remember it as a nice atmosphere, or The difficulties of a form to move away from the stereotypes it evokes» (2022) di Michele Gabriele. Foto: Monia Ben Hamouda, Michele Gabriele

Un particolare di «I'm sitting here on the ground so I'll remember it as a nice atmosphere, or The difficulties of a form to move away from the stereotypes it evokes» (2022) di Michele Gabriele. Foto: Monia Ben Hamouda, Michele Gabriele

Redazione GDA, 15 aprile 2022 | © Riproduzione riservata

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