L’artista parigino Marc Camille Chaimowicz, classe 1947, londinese d’adozione, è conosciuto per i suoi ambienti surreali, la cui intimità domestica s’intreccia a una componente onirica, carica d’immaginazione poetica. «Maybe Metafisica» è il titolo della personale (la prima in un’istituzione pubblica italiana) che la Triennale di Milano dedica a Chaimowicz fino all’8 gennaio.
Una mostra ideata attorno alla storia e all’architettura del Palazzo dell’Arte, la sede della Triennale, in cui i lavori esposti richiamano una certa estetica metafisica tipicamente italiana, come preannunciato dal titolo: non a caso la rassegna prende il via con un dipinto di de Chirico del 1973, «Il Figliuol prodigo». A cura di Eva Fabbris e sotto la direzione artistica di Edoardo Bonaspetti, curatore di Triennale Arte, la mostra segue un percorso circolare, punteggiato da lavori d’ispirazione architettonica, come gli «Arches» (1975-2016), la «Two-Speed Staircase» (1999-2016) e da installazioni più complesse, ambientazioni sinestetiche che coniugano scultura, design e coreografia, per le quali Chaimowicz è noto ai più.
Tra queste ultime «We Chose Our Words With Care, That Neon-Moonlit Evening; It Was As If We Were, Party To A Wonderful Alchemy» (1975-2008), un’opera fisicamente inaccessibile e che consiste in un sipario forato, attraverso cui il visitatore può intravvedere un palco popolato da oggetti di scena, fra cui una piramide, un arco inclinato, una pelliccia di volpe e vasi di iris. In mostra anche la misteriosa installazione «Project For A Rural House» (2003-16), che immerge lo spettatore in un’atmosfera sospesa e meditativa.
L’esposizione milanese è realizzata in collaborazione con la Serpentine Gallery di Londra che fino al 20 novembre ospita «Autumn Lexicon», un’installazione concepita da Chaimowicz in relazione all’architettura e al passato della galleria londinese.
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