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Giorgio Guglielmino
Leggi i suoi articoliLa Biennale di Venezia? Art Basel? Le mostre della Fondazione Beyeler o dell’HangarBicocca? Tra tanti megaeventi, in mezzo a decine e decine di artisti dai nomi sconosciuti ma dai prezzi iperbolici, tra un’asta e l’altra dove non colpiscono le cifre raggiunte da opere di Rothko o di Warhol ma i record milionari di Mark Bradford (4,3 milioni di dollari) e di Mark Grotjahn (6.5 milioni di dollari), la mostra che più mi ha rincuorato e divertito di tutto il 2015 è stato il Summer Show della Royal Academy di Londra.
È una mostra sui generis: centinaia di artisti espongono insieme su pareti sovraffollate. Le opere, tutte in vendita con pochissime eccezioni (i prezzi vanno dalle 200 alle 200mila sterline), hanno uguale dignità, che siano di maestri riconosciuti o di artisti quasi sconosciuti.
Questo allegro guazzabuglio è un salutare ritorno alla realtà, dove le opere di chi vale davvero comunque risaltano e dove un pubblico che di solito non frequenta le gallerie e le case d’aste si lascia tentare e acquista magari per la prima volta un’opera d’arte.
Ma è soprattutto l’aria di assoluta rilassatezza che colpisce. Più che in una mostra, sembra di camminare in un paesaggio variopinto che suscita curiosità.
Unica nota di cattivo gusto (non dell’organizzazione ma degli artisti o delle loro gallerie) il divieto di scattare fotografie alle opere di Anselm Kiefer e di Antony Gormley. Pretenzioso e francamente senza senso.
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